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RAGGUAGLIO LXXVIII Per l’avviso avuto d’Italia del felicissimo accasamento delle due serenissime figliuole dell’altezza di Carlo Emanuele duca di Savoia co’ nobilissimi prencipi di Mantova e di Modena, comanda Apollo che in tutti i suoi Stati si facciano straordinarie dimostrazioni di allegrezza. Ieri nell’ora di nona l’ordinaria guardia dell’alta torre pegasea con due tocchi di martello di campana fece segno che nelle pianure castalie si vedevano due uomini a cavallo, che velocissimamente correvano verso Parnaso; onde i letterati corsero subito alle mura e alla porta per sapere chi essi fossero. E perché poco appresso fu udito il suono d’una cornetta, tutti si chiarirono ch’era un corriere con la guida. Allora i piú curiosi letterati corsero ad incontrarlo, e quando da lui seppero ch’egli d’Italia veniva spedito alla maestá di Apollo, tutti strettamente gli chiesero s’egli portava il felice avviso di qualche virtuoso parto italiano di qualche opera nuova di gusto data alle stampe. A questi altro non rispose il corriere, eccetto ch’egli ad Apollo portava dispacci con nuove sopra la credenza di ognuno felici: per lo quale avviso il corriere al palagio reale fu accompagnato da un numero infinito di letterati. Presentate ch’egli ebbe le lettere ad Apollo, i virtuosi tutti circostanti, che attentamente osservavano la faccia di Sua Maestá, notarono che nel legger le lettere ella sempre piú si rasserenava, fino al termine di esser nella fine di esse pervenuta al colmo del piú dorato e lucente suo splendore. Fornito che ebbe Apollo di legger que’ dispacci, pieno di un incredibil giubilo altro non fu udito dire che queste formali parole: — O che felice unione! Fate sapere alla mia dilettissima reina d’Italia che volando venga a me. — Varie congetture fecero allora i virtuosi per quelle parole, e molte interpretazioni le diedero; ma la piú comune fu che in Italia si fosse finalmente contro l’imperio ottomano, capitai nemico delle buone lettere, conchiusa quella necessaria lega che tanto è bramata