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che il danaro pubblico anco dai senatori bisognosi venisse maneggiato con tanta fedeltá, che tra la nobiltá non solo eccesso capitale, ma somma infamia fosse riputata il bruttarsi le mani di un soldo di san Marco. Disse appresso Iacopo Sannazzaro che maravigliosa cosa gli pareva nella republica veneziana che, nella nobiltá trovandosi molti mal pro veduti de’ beni di fortuna, questi nondimeno con pazienza indicibile si vedessero tollerar le miserie private, senza pur nemmeno col pensiero affettar le immense ricchezze pubbliche con quelle sediziose leggi frumentarie e agrarie, con le quali da’ suoi cittadini tanto fu travagliata la famosa republica romana; e che era cosa degna di lode e di meraviglia grande, veder che in Vinegia il nobil povero con la sola virtú si sforzava di sollevarsi dalle sue miserie, studiando rendersi meritevole di esser dalla sua patria impiegato ne’ carichi lucrosi: onde accadeva che la virtú, il valore e la bontá dell’animo al nobil povero nella republica veneziana servivano per molto ricco patrimonio. Soggiunse poi Giovanni Gioviano Pontano che tutto quello che era stato detto erano meraviglie grandi, ma che la maggior cosa ch’egli sempre nella Libertá veneziana avea ammirata, era che le immense ricchezze che si trovavano in alcuni soggetti nobili, non operassero quei perniziosi effetti di far gonfiar di boria e di superbia quei che le possedevano, molti de’ quali sempre si erano veduti nelle altre republiche; che però instituto rarissimo era che in Vinegia quei senatori che aveano ricchezze da prencipe, in casa poi sapessero viver da privati cittadini e nelle piazze in niuna cosa fossero differenti dai piú poveri: e che solo i veneziani avevano saputo trovare il vero modo da separar dalle molte ricchezze quei mali dell’ambizione, della superbia e del séguito dei cittadini poveri, che la famosa Libertá romana non seppe e non poté proibir in Cesare, in Pompeo e in molti altri senatori facoltosi. Fornito che ebbe il Pontano il suo ragionamento, disse il commendator Annibai Caro che sopra ogni altra meraviglia nella serenissima republica veneziana egli sempre avea ammirato