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quando il genere umano per li suoi demeriti appresso Sua Divina Maestá si rendesse indegno della sua misericordia, lo battesse con i flagelli della peste, della guerra e della fame, e che sino adoperasse il crudelissimo, che avea ricordato Seneca, di arricchire i villani: ma che lo preservasse dalla crudele e orrenda calamitá di dar il comando sopra gli uomini a quei satraponi insolenti, che altro non essendo che buon zelo e diabolica imprudenza, farebbono tagliare il mondo a pezzi, quando potessero porre in atto pratico i bestiali e sconcertati capricci che ogni ora nascono loro nel capo. Questo fine tanto infelice ebbe il parere di Catone, quando Seneca cosi cominciò: — Le riforme, signori miei, e allora piú particolarmente che i disordini sono maggiori, in tanto non fa bisogno, come veggio che hanno consigliato molti delle signorie loro, che sieno trattate con le acerbezze, che anzi devono esser maneggiate con somma piacevolezza, e, non altrimenti che le ferite nelle quali sia entrato lo spasimo, devono esser toccate con la mano leggiera: percioché gran vergogna arreca al medico che, l’ammalato morendo con la medicina in corpo, ognuno conosca che piú del male gli ha nociuto il medicamento. Il passare da uno estremo all’altro e tralasciare i debiti mezzi, è consiglio temerario, perché la natura degli uomini non è capace delle violente mutazioni; e se è vero che il mondo in molte migliaia di anni sia caduto nell’infermitá de’ presenti mali, non poco saggio ma affatto pazzo è colui che in pochi giorni pretende ridurlo all’antica sanitá: e quell’infermo che, prima essendo grasso, in una molto lunga malattia grandemente si è ¡smagrito, sicuramente creperá, se nella prima settimana della sua convalescenza con la soverchia crapula crederá di ritornare alla sua prima grassezza; ma felicemente conseguirá l’intento suo, se modestamente si ciberá, e avrá quella pazienza che alla sua perfezione conduce qualsivoglia incancherito negozio, mercé che «qua longo tempore extenuantur corporat lente reficere oportet » . Oltre ciò, nelle riforme esattamente si deve considerare la (i) Ippocrate, libro 2 degli Aforismi.