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le mura tutte fesse, col tetto ruinoso e co’ fondamenti talmente debilitati, che apertamente minacciano ruina, e la vigna trasandata talmente, che non facendo piú capi buoni, non può essere propaginata, piú saggio consiglio è demolir la casa, estirpar la vigna e porsi a rifar da capo l’una e l’altra, che consumarsi nel rattoppar le mura e in coltivar quelle viti, che altro non producono che inutile lambrusca. Però, poiché il viver degli uomini cosi bruttamente dai vizi è stato depravato, che per opera umana piú non può essere ritornato alla sua antica salute, di tutto cuore supplico la Maestá Divina, e consiglio voi a far meco il medesimo, che di nuovo apra le cataratte de’ cieli e mandi sopra la terra nuovi diluvi di acque e incrudelisca contro il genere umano e medichi le incurabili piaghe di lui con gl’impiastri della morte; ma che però il tutto si faccia con questo temperamento, che in una nuova arca sieno serbati i fanciulli maschi che non hanno passato l’anno duodecimo, e che il sesso femminile di ogni etá talmente sia consumato, che di lui altro non rimanga che la sola memoria infelice: e supplico la medesima Divina Maestá, che siccome alle api, ai pesci, agli scartafoni e ad altri infiniti animali ha conceduto il pregiato e singoiar beneficio di procrear senza l’aiuto della femmina, della medesima grazia voglia far degni gli uomini. Perché, signori miei, affatto mi son chiarito che, mentre viveranno donne al mondo, gli uomini saranno un branco di sciagurati. — Non è possibile credere quanto il ragionamento di Catone stomacasse tutta la congregazione: la quale in cosi grande orrore ebbe lo sconcertato concetto de’ diluvi, che tutti quegli onorati filosofi, prostratisi in terra, con le mani alzate verso il cielo, divotamente supplicarono l’onnipotente Dio che conservasse il pregiato sesso femminile e che preservasse il genere umano da’ nuovi diluvi, i quali solo mandasse per estirpare dal mondo quegl’ingegni scomposti e sbardellati, quegli animi sconcertati e sgangherati, que’cervellacci eterocliti e chimerosi, che, depravati da un pessimo giudicio e da una soverchia opinione che hanno di loro stessi, altro nell’intrinseco loro non sono che uomini furiosi, con un capo pieno d’ambizione senza meta, di una superbia senza fine: e che