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co* quali in questo secolo corrotto piú facilmente giungono ad ottener que’ premi che solo si devono alla virtú. Le cose, signori, sono ridotte a stato di miseria tale, che nella casa delle dignitadi, degli onori e de* premi, ni uno piú, come si faceva giá, entra per la porta del merito e de* virtuosi sudori, ma a guisa di ladri sagliono per le finestre colle scale a piro delle bruttissime tergiversazioni: e tale si trova che con la violenza de’ doni e colla forza de* favori fino ha scoperto il tetto per entrar nella casa degli onori. Se volete riformar questo nostro secolo tanto corrotto, violentate gli uomini, e questo è il parer mio, a camminare per la strada della virtú; e con leggi severe comandate che chi vuol fare il faticoso viaggio che conduce gli uomini a conseguir i premi onorati delle dignitadi supreme, debba incamminarsi col procaccio del merito e con la sicura scorta della virtú; e levate dal mondo tante scortatoie, tante strade traverse, tanti viottoli e tante smozzatoie che vi hanno saputo inventar gli uomini ambiziosi e quei moderni ipocritoni, che, in questo nostro miserabil secolo piú essendo moltiplicati che le locuste di Affrica, hanno appestato l’universo. Ché certo quale scorno maggiore può farsi alla virtú e al merito, che veder uno di questi tali posseder le dignitadi piú principali, senza che altri pur sappia immaginarsi la strada che egli ha tenuto per conseguirle? Onde con molta ragione stimano molti che vi siano giunti con queirarte magica dell’ipocrisia, con la quale questi Zoroastri affascinano, incantano e maliano gli animi dei prencipi, ancor che grandemente sagaci. Sommamente ammirato, non che lodato, da tutta la congregazione fu il parer di Pittaco, e sicuramente come eccellentissimo sarebbe stato approvato, se Periandro non avesse rivoltati gli animi di quei filosofi giá risoluti: perché quest’uomo singolare, vivamente opponendosi al parere di cosi gran filosofo, cosi disse: — Il disordine, signori, ricordato da Pittaco è verissimo: ma per qual cagione i prencipi, tanto oculati e interessati negli affari fari degli Stati loro, in questa nostra etá lascino di dar, come facevano giá, i carichi grandi ai soggetti virtuosi e meritevoli, dal servigio de’ quali ricevono utile e riputazione, e in luogo loro si