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RAGGUAGLIO LXXVI Aristotile, da molti prencipi essendo assediato nella sua villa, da essi è violentato a rivocar la sua diffinizione ch’egli ha data al tiranno. Il gran principe de* peripatetici Aristotile stagirita, per attendere in una molta quiete con speculazione maggiore a’ suoi studi di filosofia, alcuni giorni sono si ritirò in una sua molto deliziosa villa, nella quale di notte all’improviso con infinito numero di fanti e di cavalli da alcuni prencipi strettamente fu assediato: i quali, dopo aver con prestezza mirabile tirate le trincere e fatte le gabbionate, accommodarono i cannoni per battere la casa; quando cosi gran novitá fu subito fatta sapere alla maestá di Apollo, il quale spedi a quella volta i due carissimi prencipi de* poeti italiani satirici, Lodovico Ariosti e Francesco Berni, amendue capitani di due legioni di poeti veterani nella maledicenza. Questi con ogni maestria militare si adoperarono per far levar l’assedio; ma il tutto fu indarno. Percioché se bene i poeti lanciavano saette di versi infamatori, le corazze nondimeno che que’ prencipi portavano indosso, di cosi eccellente tempra erano fabbricate, che francamente resistevano ad ogni ancorché pungente terzetto. Di modo che con la forza non facendosi frutto alcuno, Apollo, che in ogni modo volle assicurarsi che a quell’eccellente virtuoso non accadesse cosa che avesse potuto scemar punto la riputazione della filosofia peripatetica, mandò in campo il magnanimo e sempre glorioso amator de’ letterati Federico Feltrio duca di Urbino, il quale, avendo parlato a que’ prencipi, con la rara sua destrezza ottenne sospension d’armi; e nel primo ingresso que’ prencipi gravemente si querelarono di Aristotile, che nella sua Politica cosi maligna diffinizione avesse data al tiranno, ch’ella includeva ogni prencipe dabbene, e con escandescenza grande dissero che, se, come aveva ardito di dire Aristotile, tiranni si doveano chiamare que’ prencipi che piú attendevano alla propria che all’utilitá de* loro sudditi, non sapeano