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RAGGUAGLIO LXXIV Apollo ai suoi letterati mostra il vero significato della sentenza: « homo longus, raro sapiens ». Nella pubblica audienza di martedí mattina, con molta meraviglia di Apollo e di tutti i circostanti, comparvero piú di trecento letterati, tutti, oltre l’ordinaria statura degli uomini, grandi di corpo; e ognuno conobbe che la straordinaria grandezza di tanti virtuosi, che si erano uniti insieme, facea bisogno che avesse qualche simbolo o significato, come appunto accadette. Perché monsignor reverendissimo Cino, auditor di ruota in Parnaso, a nome di que’ suoi compagni disse che tutti quei virtuosi che Sua Maestá vedeva, nelle buone lettere e in tutte le arti liberali tali erano, quali sapeva il mondo, e ne rendeva onorato testimonio la stessa biblioteca delfica di Sua Maestá: e che con tutto ciò in Parnaso dalla maggior parte de’ letterati venivano scherniti, beffeggiati e avuti in concetto di uomini stolidi e d’ingegno ottuso: per le quali ingiurie, affatto insopportabili, erano stati forzati ricorrere a Sua Maestá. E affine che si ponesse rimedio a cosi brutto disordine, dal quale potevano nascere molti inconvenienti, i letterati grandi di corpo, quando però Sua Maestá avesse giudicato cosi essere espediente, domandavano campo franco, dove a solo a solo, a due, a tre, e in quel numero maggiore che la parte contraria avesse voluto, in ogni sorte di scienza, a disputa fornita, fino alla perdita della riputazione si sarebbero cimentati co’ virtuosi tutti di picciola e mediocre statura; ma che, quando Sua Maestá stimasse superflue le prove e avesse gli uomini di straordinaria grandezza di corpo in quel concetto di onorati virtuosi, che facevano professione di essere, umilmente lo supplicavano a dichiarar falsa ed erronea la sentenza: « homo longus, raro sapiens », dalla quale nasceva tutto lo scandalo. Con allegra faccia da Sua Maestá fu ascoltata la querela di Cino; al qual disse ch’egli sentiva passione del giudicio