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RAGGUAGLIO LXXII Alcuni popoli fanno istanza appresso i prencipi loro, che V infinita moltitudine delle leggi, colle quali vivono, si riduca a poche, e che a’ governatori delle province si proibisca l’abuso di pubblicar ogni giorno nuovi bandi. Degno veramente di perpetuo biasimo è l’abuso che si vede grandissimo in alcuni Stati, dove non solo i prencipi sono facilissimi in pubblicare ogni giorno nuove leggi, ma permettono ancora che i governatori delle province loro incorrino nel medesimo errore: i quali, molto spesso mutandosi, e tutti entrando nel nuovo governo con un ardentissimo zelo di voler nella prima settimana correggere il mondo, svergognano poi loro stessi con la pubblicazione di certi nuovi bandi chimerati da essi e pieni di quelle molte stravaganze, che sogliono uscir da quelli, che, negl’ingegni loro avendo fantasticato concetti nuovi, non sono stati accorti di prima misurarli con quella pratica, che è il saldo martello che altrui fa conoscere l’argento fino dalla falsa alchimia. Perché il zelo del ben pubblico, se da un perfetto giudicio non vien regolato, piú è atto a svergognare un galantuomo di qualsivoglia pessima intenzione. La licenza di questo modo di procedere ha cagionato che que’ Stati, ove ella regna, talmente si sieno empiuti di editti, di bandi, di constituzioni e d’una infinita farragine di nuove leggi, che gli uomini vivono in essi in una bruttissima confusione: essendo verissimo che « corrapiissima república plurimae leges» (0. Peggio è che ogn’officiale, mostrandosi inesorabile nell’osservanza de’bandi pubblicati da lui, bruttamente lascia andar in dimenticanza quelli de’ suoi precessori: di modo che i popoli, in disordini tanto gravi non sapendo discernere quali siano le cose lecite, quali le vietate, tanto peggior soddisfazione ricevono, quanto piú volte hanno provato che molti di essi, per sfogare lo sdegno contro un lor (1) Tacito, libro 3 degli Annali.