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bí desse airoppression loro. E che se ciò a Sua Maestá non piaceva, che rimanesse almeno servita di concedere nel parti colar dell’adulterio la stessa licenza al sesso femminile, che pretendevano di goder gli uomini. E che simil licenza chiedeva, non giá perché avessero le donne animo di servirsene, ma per solo poter con lo spavento di lei tenere a freno i libidinosi mariti loro. Alla domanda della signora Vittoria rispose Apollo che la legge della fedeltá tra il marito e la moglie doveva essere uguale, e che il difetto di chi la violava non meno meritava d’esser punito nell’uno che nell’altra; ma che nelle mogli si desiderava piú perfetta pudicizia, per lo rispetto grande di quella certezza de’ figliuoli, per lo quale al sesso femminile fu data la prestante virtú della pudicizia: mercé che nella procreazione del genere umano cosi a’ mariti era necessaria la certezza della prole, che, senza la virtú della castitá delle madri, i figliuoli loro non meno perdevano le ereditadi che l’affezione de’ padri loro. Cosa tanto vera, che la stessa sapientissima natura a tutti gli animali della terra, dove il maschio concorre alla fatica di covar le vuova o di nutricare i piccioli figliuoli, avea data la moglie pudica: tutto affine che gli stenti de’ padri, impiegati per la salute de’ figliuoli loro, fossero dolci, i dispendi consolazioni e guadagni grandi. A questa risposta di onorato rossore si tinsero le bellissime gote della signora donna Vittoria: la quale con romana ingenuitá a Sua Maestá confessò la semplicitá della sua domanda, e disse che al sesso femminile scorno troppo grande sarebbe stato, se nel pregiato dono della castitá si fosse lasciato vincere da quegli animali bruti, i quali, ancor che niuna altra cosa piú propensamente seguino che il diletto, per non toglier nondimeno con le libidini loro il prezioso padre ai loro figliuoli, religiosissimamente osservavano la loro castitá: e che per l’importanza della cagione perché i mariti desideravano le mogli loro pudiche, la legge dell’adulterio verso le maritate lascive troppo era stata piacevole, perché la ferita dell’impudicizia de’mariti alle mogli solo forava la pelle, ma che le maritate con gli adultèri loro col pugnale di un’eterna infamia uccidevano i mariti e vituperavano i propri figliuoli.