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spazio di trecento e piú anni con Tarmi avendo io fatto acquisto di province innumerabili, la maggior parte soggette prima a diversi prencipi cristiani, e avendo esperimentato che i popoli novellamente soggiogati facilmente si sollevano, se altri li violenta a cangiar religione, come quelli che con ostinazion maggiore difendono la fede nella quale son nati, che fatto non hanno le facultá, la patria e la vita; affine di regnar in pace, sempre ho usato di lasciarli vivere nelle leggi medesime, cosi sacre come profane, con le quali gli ho trovati: questa sola avvertenza ho avuta, che ai cristiani latini sempre ho tolto l’esercizio della religion loro, levandogli i sacerdoti e proibendogli il poter riparar le chiese che cadono, non che sia loro lecito fabbricarne delle nuove. Cosi a poco a poco, con l’esercizio delle cose sacre mancando in essi anco la stessa memoria dell’antica religion loro, se non essi, i figliuoli loro, e se nemmeno questi, i loro pronepoti alla fine divengono maomettani: cosa che tanto felicemente mi succede, che nelle molte province ch’io possiedo nell’Asia, piene giá di popoli cristiani, cosi ora tutti son divenuti maomettani, ch’essendo costume de’ miei imperadori di raccogliere, per supplire il numero de’ soldati giannizzeri, molti figliuoli da* loro sudditi cristiani, pochissimi ne trovano nell’Asia. Co’greci poi procedo altramente, poiché l’uso libero concedo loro del rito greco; e la cagione di questa diversitá è perché, non trovandosi prencipe alcuno greco che sia di gelosia alla mia grandezza, e per conseguenza i greci, che vivono nel mio impero, da prencipe alcuno della religion loro non potendo esser fomentati, non mi dánno quella noia che fanno i latini, che, avendone molti e potenti, fanno che in annichilar la religion loro usi diligenza maggiore. Ma co’ miei sudditi maomettani, acciò puntalmente osservino la religione del mio Stato, tanto oculatamente vivo, che ad alcuno non è lecito di prevaricare. Chiaro esempio di tutto questo è che, avendo io il persiano eretico della mia religione, niun turco, mio suddito, senza correre evidente pericolo di crudel morte, può crederla non che predicarla: e in tanto ne’ miei Stati non mai permettere quell’eresia, che — se bene gli ultimi miei imperadori, per le divisioni di