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206 ragguagli di parnaso questo Stato. Giudice dunque supremo fu dichiarato Pietro Aretino* avvocato del fisco, Giovenale; fiscale, Lodovico Ariosti; capo notaro, Francesco Berni; suoi sustituti, Niccolò Franco e Cesare Caporali. E perché dopo l’erezione del tribunale sei mesi passarono senza che contro gli adulatori comparisse querela alcuna, e pur si vedeva che senza alcun rispetto di cosi rigorosa pena e di tribunale tanto spaventevole l’adulazione pubblicamente si esercitava in Parnaso, Apollo, per aver occasione di castigar questi scelerati, si valse d’un numero grande di spie, le quali, diligentemente osservando quali fossero gli adulatori in Parnaso, li denunziassero al tribunale. Questa medicina operò bonissimo effetto; perché subito in fragranti fu trovato Bartolomeo Cavalcanti, che, adulando, un prencipe inetto, dato alle cacce, immerso nelle libidini, ingolfato nelle delizie, del pubblico governo del suo Stato trascurato fino al segno di averlo dato in mano di un suo ministro venale, ignorante e sommamente appassionato, chiamava vigilante, indefesso nelle fatiche, inimico de’ sollazzi, i quali tutti aveva riposti nei negozi. Con indicibil diligenza fu catturato il Cavalcanti, il quale, incontanente essendo stato esaminato, confessò quanto il fisco desiderava da lui: onde il giudice, verso lui usando l’ultima misericordia della giustizia, gli decretò i tre miserabili giorni della difesa della sua vita, e Marsia rotò il suo coltello e pose in ordine gli altri ordigni per farsi onore; quando, essendo il giudice venuto all’atto di esaminare il prencipe adulato, trovò che, ancor che notoriamente fosse tale quale si è detto, pretendeva nondimeno che il Cavalcanti di lui non solo avesse detto il vero, ma che nelle lodi, che di buona ragione diceva dovergli, fosse stato scarso. Di maniera tale che, dimandato se contro il Cavalcanti voleva *dar querela, e se dalle adulazioni di lui si chiamava offeso, con sdegno grande rispose il prenci pe ch’egli non potea querelarsi contro chi avea detto il vero, e che non stimava ingiuria quelle vere lodi, che da lui meritavano di esser rimunerate: e soggiunse che di quel nuovo tribunale, che piú parea inventato per vituperare gli uomini onorati, che per castigar i furbi, in infinito rimaneva scandalizzato e maravigliato. L’Aretino, dalla risposta di quel prencipe