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RAGGUAGLI DI PARNASO di cavar risposta tale, che a Sua Maestá avrebbe data intiera soddisfazione. Contentissima rimase la Monarchia romana della risposta di Tacito; e appunto allora ch’ella si licenziava per partirsi, Melibeo, famoso pecoraio de’ poeti, che, quella mane a Tacito avendo portata a donar una giuncata e due caci freschi, a caso si trovò ivi presente e udí la domanda da quella grandissima Monarchia fatta a Tacito, le fece instanza che non partisse, perché a quel ch’ella aveva mostrato desiderio di sapere, egli pur allora avrebbe data subita e intiera soddisfazione. Allora e Tacito e la Monarchia romana si risero di Melibeo; e gli dissero che tacesse, e che andasse a guardar le pecore, che era il suo mestiere. Arditamente replicò allora Melibeo che delle cose di Stato niuna altra sorte di uomini meglio sapevano discorrere e deliberare, che i pastori; e che beati sarebbono i prencipi, se nel governare i sudditi loro usassero la medesima caritá che praticano i pecorai nel pascere la greggia loro: felicissimi i popoli, se nell’ubbidire i loro prencipi imitassero le pecore. E perché e Tacito e la Monarchia romana dell’ardita e risoluta risposta di quel pastore molto rimasero maravigliati, li dissero che liberamente propalasse il suo concetto. Allora cosi cominciò Melibeo: — Potentissima reina, io, come ben è noto al mio Virgilio, son pastor mantovano; e gran torto farei a questo canuto pelo che mi vedete nel capo e nel mento, se esattamente non possedessi il mio mestiere. Le dico dunque che in tant’anni ch’io governo pecore, affatto mi son chiarito che la grandezza e potenza di un pecoraio, non, come credono molti avari e ambiziosi, sta posta nell’aver milioni di pecore, ma che solo sia signore di tante, quante un buon pastore può guardar con l’occhio, governar con la verga e reggere col fischio. Ed è chiara la ragione; perché nel troppo picciol numero delle pecore i pastori sempre si veggono mendici: mercé che la molta povertá li costringe con troppa severitá a mungere e tosar la greggia loro. Nel mediocre numero, dove sempre sta posta ogni perfezione, sempre sono i pastori facultosi e felici; ove nell’ immenso, per quella difficoltá di governo che seco porta un sproporzionato numero di pecore alle forze di un uomo solo, certamente