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RAGGUAGLI DI PARNASO RAGGUAGLIO XXXXV Conoscendo Apollo i mali che le soverchie ricchezze cagionano ne’ suoi poeti, esorta il magnanimo re di Francia Francesco primo a moderarsi nella profusa liberalitá che usava verso di essi. Il serenissimo re di Francia Francesco primo — quegli che mentre visse non solo sempre pose alla sua man destra le buone lettere, ma fino sempre fece onor di berretta ai letterati, i quali talmente amò che di essi arricchí numero infinito: onde per autentica fede fatta da ogni istorico ad Apollo chiaramente consta che tanto re fu il primo che, con una profusa liberalitá usata verso i virtuosi, nel nobilissimo regno di Francia seminò quelle lettere, che avendovi poi gettate alte radici, hanno prodotti odorosi fiori e soavi frutti d’infiniti volumi delle onorate fatiche de’ letterati franzesi, de’ quali grandemente si è arricchita la biblioteca delfica; — ora anco in Parnaso verso gli amatori delle buone lettere usando la stessa liberalitá, nel suo reai palazzo lautamente pasce numero infinito di letterati, a’ quali con mirabile liberalitá paga prò visioni molto grosse. Magnanimitá e splendidezza che finora ha dato sommo gusto ad Apollo; il quale con suo particolar dispiacere è venuto alla fine in cognizione che la munificenza di tanto re verso i letterati produce pessimi effetti: poiché le soverchie ricchezze, come è loro costume, hanno cominciato a macchiar gli animi di molti virtuosi di quei vizi che con esso loro portano i lussi e gli agi; i quali anco tra i virtuosi di questo Stato talmente hanno seminato il bruttissimo tarlo del desiderio dell’ozio, che molti famosi poeti con tanta mostruositá hanno abbandonati gli studi, che lo stesso facondissimo Ovidio Nasone, il quale per lo passato con mirabile stupor d’ognuno ogni giorno arricchiva la biblioteca delfica di qualche preziosa elegia, dopo la domestica pratica ch’egli ha avuta con tanto re, dalla penna di lui in un anno intiero altro non si è veduto uscire, che quattro epigrammi