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RAGGUAGLIO XXXV Audienza pubblica data da Apollo, nella quale con risposte sopramodo sagge decide molte cause dei suoi virtuosi. Perché i sollazzi dei prencipi innamorati della buona soddisfazione de’ popoli loro, tutti stanno posti nell7udire spesso i bisogni di ognuno, Apollo, oltre le audienze frequentissime, ogni giovedí nella gran sala reale con l’intervento dei senati, dei collaterali e dei parlamenti tutti di questa corte, a porte aperte dá audienza pubblica. E perché in esse si odono virtuose risoluzioni, degne di esser sapute da quei curiosi che, da questo Stato stando lontani, grandemente bramano di udir le nuove di Parnaso, il menante, che solo per poter dar soddisfazione a7 suoi virtuosi avventori volle trovarsi presente all’ultima audienza, con veritá istorica racconterá ora tutto quello che di segnalato vi occorse. I primi dunque che nell’audienza parlarono ad Apollo, furono due onoratissimi ambasciadori: j quali dissero a Sua Maestá di esser mandati dal genere umano, il quale, grandemente infastidito dalla necessitá ch’egli perpetua aveva di mangiar mattina e sera, sopramodo si rammaricava che l’ingegno umano, dotato di tanta altezza e capace d’intendere e di sapere tutte le cose, il quale col latte bevea una inesplebil curiositá di sempre imparare, tutto si vedesse poi occupato nel sordido mestiere di coltivar la terra e in altri laboriosi esercizi, solo affine di provedersi, come fanno gli animali bruti, il vitto; che però essi erano stati mandati a Sua Maestá per chieder consiglio, se era bene che il genere umano supplicasse la divina maestá del grande Iddio a concedere agli uomini il beneficio che aveva dato a’ ghiri, alle serpi, agli orsi e ad altri animali, di star lungo tempo senza cibo. Cosa che desiderava solo per poter con l’animo digiuno, che tanto vale nelle operazioni dell’intelletto, applicarsi tutto agli studi di quelle scienze che veramente erano degne degli uomini. Questa domanda, la quale da tutti quei che l’udirono tanto fu stimata onorata