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RAGGUAGLIO XXX Avvedutosi Apollo de’ gravi disordini che nel genere umano cagionava la fuga della serenissima virtú della Fedeltá, con l’opera delle serenissime muse e delle sublimi virtudi eroiche ottiene il ritorno di lei in Parnaso. Lingua d’uomo non può narrare a pieno il travaglio grande che ad Apollo diede l’ascosa e improvisa partita, che, come con le passate si avvisò, alcune settimane sono da questo Stato di Parnaso fece la serenissima virtú della Fedeltá: percioché Sua Maestá in modo alcuno non potette darsi pace di vedere il mondo privo di cosi eccelsa principessa. Facevano maggiori le afflizioni di lui i disordini bruttissimi che in ogni principato continuamente si udivano nascere tra i popoli; e la stessa sacratissima Amicizia, unica delizia del genere umano, vedendosi abbandonata dalla pregiata virtú della Fedeltá, per non ricevere dalla fraude qualche segnalato smacco, negò di piú voler abitar nel cuor degli uomini, i quali, sciolti da quel giuramento della fedeltá, che co’ prencipi loro hanno strettissimo, e liberi dal vincolo di quel sincero amore col quale co’ privati amici loro sono legati, cosi divennero fieri nella perfidia, cosi selvaggi nelle sedizioni, che, facendosi lecita ogni piú crudel sceleratezza, co’ tradimenti dal consorzio umano cacciarono la pura fede, con le sedizioni la santa pace, bruttando il mondo tutto di sangue, empiendolo di sceleratissimi latrocini e d’ogni piú perfida e crudel confusione. Oltre ciò perpetuamente tenevano travagliato l’animo d’Apollo i giusti richiami de’ prencipi, i quali pubblicamente protestavano che per la scelerata infedeltá de’ vassalli loro erano necessitati abbandonare il governo del genere umano. Per le quali cose Apollo stimò risoluzion necessaria por rimedio a tanto disordine, e intimò la dieta degli stati generali per li venti del passato, dove chiamò i prencipi poeti e i deputati delle nazioni virtuose: i quali nel giorno prefisso con somma