Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/98

sima prerogativa di dominar popoli amatori delle buone lettere e grandemente virtuosi, e che a lui il poner tanto studio, che i suoi sudditi s’allevassero in una crassa ignoranza, arrecava molto biasmo nonché poca riputazione, poiché da ognuno veniva schernito che, dal suo Stato avendo esterminate le serenissime arti liberali, solo avesse conceduto ai suoi popoli 1’apprendere il beneficio del leggere e dello scrivere. A questa censura rispose il Ducato di Moscovia, che il fuoco spaventevole, ch’egli aveva notato che le lettere sempre avevano acceso in que’ Stati dove erano state ammesse, l’aveva fatto risolvere a non voler in modo alcuno che zizzania tanto scandalosa fosse seminata nel suo ducato, percioché, cosi essendo gli uomini gli armenti dei prencipi, come le pecore le greggi dei privati, somma pazzia era, con la malizia che le lettere inseriscono nel cervello di quei che le apprendono, armar quelle pecore umane che, per la molta semplicitá con che il sommo Iddio le ha create, anco in un numero molto grande da un sol prencipe pastore cominodamente vengono rette e governate; e che non tanto propria qualitá era del fuoco il calore, quanto dei libri transformar le semplici pecore in viziosissime volpi; e che egli stimava cosa verissima che, se i Germani, gli Olandesi e i Zelandesi dai prencipi loro fossero stati mantenuti nella semplicitá dell’ignoranza antica, e avessero vietato che gli animi puri di quelle nazioni non fossero contaminati dalla peste delle lettere latine e greche, che giammai con tanta rovina dell’antica religione ed esterminio di molti prencipi, che prima signoreggiavano quelle provincie, non averebbono avuto giudizio da saper nelle patrie loro fondar quelle perfettissime forme di republiche, alle quali giammai non arrivò l’ingegno di Solone, la sapienza di Platone e tutta la filosofia d’Aristotele. Questa risposta perturbò talmente gli animi del censore e di tutto il sacro collegio de’ letterati, che con li volti minaccevoli dissero che le ragioni addotte dal granduca di Moscovia erano apertissime biasteme; e pareva che i letterati avessero animo di far risentimento con i fatti, né si perderono d’animo quando videro la maggior