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per la prima volta i Ragguagli , col titolo originario di Avvisi dei menanti di Parnaso , rimasto invariato fino al lóri almeno e mutato probabilmente solo in occasione della stampa (ò. Questa fu dunque la genesi dei Ragguagli, l’aprirsi d’una dilettosa parentesi in uno studio severo: «il tempo poi che m’avanza dalle mie fatiche sopra Tacito» scrive il Boccalini nella stessa lettera «ho speso per mia ricreazione in questi Avvisi di Parnaso, nei quali, scherzando nelli interessi de’ prencipi grandi e nelle passioni degli uomini privati, sensatamente ho detto il vero». Dopo tanto notomizzare la sapienza politica nelle gravi pagine delle Osservazioni su Tacito, s’era posto in mente di riprendere i medesimi concetti con altro stile, di deporre quell’assisa austera per scendere fra gente piú alla mano, sperando di rendere accetto, o tollerato almeno, sotto forma di arguzia e di scherzo, ciò che malvolentieri si sarebbe udito in piú severo discorso. Parve al Boccalini di aver cosi scoperto una forma d’arte nuova, una inusitata maniera, e in realtá nulla piú di qualche spunto embrionale poteron suggerirgli i poemi allegorici del Tre e del Quattrocento, le bizzarre fantasie dell’Aretino e del Caporali, che avevano pur descritto un capriccioso reame di Parnaso, popolato da gente d’ogni tempo e d’ogni arte< 1 2 3 ). Da quei modelli derivò il Lauretano nulla piú di un frigido schema: di suo vi aggiunse lo stile personalissimo, la varietá delle invenzioni, il sale pungente della satira, sopratutto una vigile coscienza morale; presto una folla di imitatori pullulò per tutta Europa, senza giungere mai a superare il modello.

Attribuire una data precisa alla nascita dei primi ragguagli è impresa aleatoria: gran parte di essi non ha riferimento cronologico di sorta e per quelli che traggono spunto da avvenimenti contemporanei rimane tuttavia in dubbio se l’arguto menante abbia fornito un immediato commento del fatto in questione, o non l’abbia invece ripreso a qualche anno di distanza. L’opinione del Rua(3) è che un giusto termine sia da porre tra la pacificazione della Francia ed il trattato di Lione (1595-1601), ma credo lo si debba

(1) Cfr. la lett. XV; gli Avvisi son nominati anche nelle lett. XVI e XX fino al maggio 1611 (citando le lettere mi riferisco sempre alla numerazione da me adottata in questo voi. III).

(2) Cfr. la mia nota Allegoria e satira in Parnaso, «Belfagor», I, 1946, pagine 673-699.

(3) Cfr. G. Rua, Per la libertá d’Italia, Torino, 1905, p. 29.