Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/52

il duca dato al signor Prospero titolo di «Vostra Mercé», egli tanto se ne accese di sdegno che, recandosi a grande ingiuria titolo cosi vile, con alterata voce disse: — Duca, io mi credevo che tu fossi venuto in casa mia per onorar uno che è maggiore di te, non per vilipenderlo; ma percioehé gli uomini di casa Colonna alle ingiurie delle parole rispondono con i fatti, esci di questa casa, ché in istrada, con l’arme nelle mani, ti proverò che tutti quei, che con li miei pari procedono con termini tanto villani, non meritano d’esser ammessi nel commercio degli uomini onorati. — Rimase attonito il duca al risentimento tanto risoluto che vide far a quel gran capitano e, resistendo alla forza che il signor Prospero faceva per spingerlo fuori della camera, venne alle mani con esso lui. E perciochégli Spagnuoli che erano in compagnia del duca, vedendo che egli rissava con il Colonna, entrorno dentro per aiutarlo, gli Italiani servitori del signor Prospero ancor essi fecero il medesimo, onde, in un luogo molto angusto truovandosi gran quantitá d’uomini, vi segui una rissa, una questione crudelissima; il rumor della quale essendo stato udito in strada, fu cagione che la nuova di cosi pericoloso accidente subito fu portata ad Apollo, il quale in molta fretta vi spedi il reggente della vicaria con la guardia delli arcieri, i quali dalle mani del signor Prospero levarono il duca e, quietato il romore, comandarono alli Spagnuoli, digiá molto mal trattati, che se ne tornassero alle case loro.

Allora il signor Prospero, prima che alcuno desse contro lui sinistra informazione, si presentò avanti Apollo, al quale è fama che con alterazion grande d’animo dicesse queste parole: — Sire, è noto ad ognuno che gli uomini della famiglia Colonnese della qualitá che son io sempre hanno goduto il titolo dell Eccellenza anteguam Abraham fieret e gli Spagnuoli fossero in rerum natura. Ora, che questa nazione pretenda di strapazzar un mio pari, come pur ora ha avuto ardir di far in casa mia il duca d’Alva, m’è cosa insopportabilissima, percioehé, se la viltá di chi offende in infinito aggrava l’ingiuria appresso l’offeso, come è possibile che un barone italiano, della qualitá che son io, si contenga entro i termini