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dissima e giustissima bilancia, nella quale da una parte furono posti tutti i regni della Monarchia di Spagna e dall’altra tutti i prencipi italiani, e fu veduto che la bilancia stava in equilibrio, cosa che fu di sommo travaglio ai prencipi italiani, i quali, mentre stavano in quell’agonia, notarono tutti che la potentissima Monarchia francese, con un solo amorevole sguardo che diede alla bilancia dove erano posti i prencipi italiani, con allegrezza universale d’ognuno precipitosamente la fece traboccar dal lato loro. Non si deve lasciar di dire che gli Spagnuoli, vedendo i duchi di Savoia, i quali il de cennio passato ricusarono d’esser pesati con le forze italiane, essersi posti nella bilancia per contrapesar le forze spagnuole, li minacciarono mordendosi il dito; del qual atto essendosi quei prencipi avveduti, con generositá degna dell’intrepidezza loro cosi dissero: — Signori spagnuoli, non è piú tempo di pascer gli uomini di speranze; in tutto e per tutto ci siamo chiariti del fatto nostro, e in tanto ci pentiamo delle cose passate, che per l’avvenire vogliamo far i conti e i disegni nostri con un altro carbone, perché il vostro che abbiamo adoperato sinora ne ha troppo tinte e scottate le mani, né gli artifici delle vostre speranze hanno ridotti i duchi di Savoia al termine di tanta pazzia, che voglino lasciar il picciol pane c’hanno in bocca del Stato che posseggono, per dar di morso all’ombra della grande ereditá di Spagna, che veggono nel fondo del fiume. — E percioché li Spagnuoli si dolsero, che i duchi di Parma, di Modena, d’Urbino, i signori della Mirandola e gli insigni baroni romani Gaetani, Colonnesi e Orsini, che hanno il tosone e che da essi sono salariati, fossero stati pesati con le forze italiane, ove per quell’ordine di cavalleria e per le pensioni che tiravano erano obbligati di aderire ai pensieri loro e di esser ministri della loro grandezza, da quei signori ebbono per risposta che i prencipi e i baroni italiani, che dalla Monarchia di Spagna riceveano gli onori de’tosoni e godeano gli utili delle pensioni, somigliavano quelle onorate dame, che dagli amanti loro per puro termine di cortesia accettavano doni, non perché avessero l’intenzione di lasciarsi far quella brutta cosa.