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TRADUZIONI

Trasone. — Fa pur il debito tuo, che ti prometto darti quanto mi hai chiesto.

Gnatone. —E io or mi pongo all’ordine per servirvi.

Fedria. — Chi odo io ragionar qua? Oh, sei tu, capitan Trasone ?

Trasone. —Al servizio di Vostra Signoria.

Fedria. — Non devi forse esser informato di quanto è poco fa seguito in casa di Taide, che sei venuto qua?

Trasone. — Signor si.

Fedria. — Perché dunque ti veggio andar rivolgendo per queste contrade?

Trasone. —Ci son venuto sotto il salvocondotto della vostra amorevolezza.

Gnatone. —Vedi come fa per eccellenza il pitocco!

Fedria. — Sai tu quanto bene devi fidare ! Basta ! Non piú parole ! Io ti dico, Trasone, che, se ti troverò mai piú in questa piazza, senza menarti buona scusa alcuna che tu avessi di andar cercando altri, di esser solo di passaggio, ti romperò la schiena con un pezzo di legno.

Gnatone. —Ah, signor Fedria, non si conviene usar tal termini con un capitan di tanto valore.

Fedria. —Tu mi hai inteso.

Gnatone. — Io, sebben dite cosi, nondimeno non vi ho per uomo tanto terribile.

Fedria. —Tu te ne avvedrai alla pruova.

Gnatone. — Almeno favoritemi di udirmi quattro parole, ché so certo che vi piaceranno tanto, che in questo fatto farete quanto vi dirò io.

F’edria. — Di’, via, che ti ascolto.

Gnatone. — Signor Capitano, appartatevi un poco, ché non sta bene ch’io dica le vostre lodi in vostra presenza. Signori miei, voglio che, per fondamento di quanto vi dirò, vi diate fermamente a credere che, né l’amor che porto al Capitano, né altro interesse mi induce a intrapormi in questo negozio, che l’utile mio particolare, il quale quando fosse comodo a’ fatti vostri ancora, sarebbe mera pazzia la vostra a non seguitar il mio consiglio.