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TRADUZIONI

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Pizia. — Ohimè, che me ne crepa il cuore e, per non veder cosi orrendo spettacolo, me ne son uscita fuori. Oh, che tormenti che gli daranno e che crudel strazii ne faranno di quel poveretto, per dar esempio agli altri giovani suoi pari !

Parmenone. — Dio mi aiuti oggi : che rumore sará questo, che mi accora tanto che non posso respirare? Voglio accostarmele. Dimmi, Pizia, chi sará tormentato per dar esempio agli altri e che vi è egli di nuovo?

Pizia. —Vi è tanto di nuovo, che guai a te, sfacciataccio, e guai a quel giovanetto che, in iscambio dell’eunuco, ci hai menato in casa. Va via, sciaurato, che non ti sei curato menar al macello un giovanetto cosi bello che par un angiolo, per farci un cosi brutto smacco.

Parmenone. — Ohimè, che odo io? Che cosa gli è intravenuto? Di’su, presto.

Pizia. — Or te lo dico. Sai tu quella giovane, che è stata oggi donata a Taide? È cittadina di questa cittá e il fratello è gentiluomo molto nobile.

Parmenone. — Questa è la prima parola che ne sento.

Pizia. — Ella è stata poco fa riconosciuta per tale; ora quel meschino, tentato dal brutto nemico, le ha tolta la verginitá, onde il fratello di lei, il quale è uomo che ammazzerebbe uno per men di un quattrino, come seppe questa cosa...

Parmenone. — Che fece egli ?

Pizia. — Primieramente, senza avergli una minima compassione al mondo, lo legò come se fosse il maggior assassino di strada che si sia mai trovato.

Parmenone. — Ohimè, che dici? L’ha legato?

Pizia. — Tanto è, con tutto che la mia padrona, che è una donna tenerissima di cuore, gli si gettasse ginocchione dinnanzi e lo pregasse per l’amor d’iddio, che non volesse legarlo.

Parmenone. — Oh, quel ch’io odo !

Pizia. — Ora dice di voler andar al governatore e dargli la querela, come gli ha sverginata la sorella, e farlo casti