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TRADUZIONI

squadron di mezzo, di dove farò dar nelle trombe quando sará bisogno dar l’assalto.

Gnatone. — Ora si, signor Capitano, che mi riuscite generoso davvero; cercate pur di salvarvi la vita in luogo sicuro, ché, come è morto il capitano, l’esercito va in ruina. Se non è piú vigliacco di me, mi venga il canchero nel naso!

Trasone. — Cosi ordinò l’imperador Carlo Quinto le sue genti a Vienna, ed ebbe spesse volte, e alla presa di Tunisi particolarmente, questo medesimo luogo ne’ suoi fatti d’arme.

Cremete. — Voi vedete, Taide, che costui ha fatto un grande apparecchio di persone.

Taide. — Non abbiate un pel di paura di lui, ché, sebben vi par ora un Gradasso, nondimeno vi riuscirá poltrone in cremisino e un asino da bastone.

Trasone. — Che dici tu, Gnatone: vi manca cosa alcuna?

Gnatone. — Vorrei che solo aveste costi, dietro quel canto, un archibugio da posta, da poter còr di mira quei che si affacciassero alle finestre, ch’ai primo colpo gli porremmo in fuga.

Trasone. — A voi, soldati! Fate cuore, ch’ecco Taide che vien verso noi.

Gnatone. — Non vi ponete cosi presto in disordine. Olá, che diavolo vi pensate fare?

Trasone. — Saldi tutti, mantenetevi in ordinanza! Vi par forse di dover dar l’assalto alla Goletta? Vediamo prima se si può trattar d’accordo, perché un gran capitano come son io deve prima adoprar il consiglio della pace, che venir al fatto d’arme.

Gnatone. — Nota, capitan Sanga balordo, che sempre ti troverai a pié del fico; questi documenti di guerra a te da una orecchia entrano e dall’altra escono, ma io gli ammiro tutti e ne fo di matte scorpacciate, per valermene quando fossi mai forzato, per mia disgrazia, andar alla guerra.

Trasone. — Rispondi qua, Taide: quando ti donai quella giovane, non mi promettesti star a mia requisizione questi quattro giorni di Carnevale?