Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/412

TRADUZIONI

407

stessa camera, avrá comoditá di mangiar con esso lei, e alcuna volta — oh, che dolcezza solo a pensarvi — le dormirá a lato.

Parmenone. — Che direste s’io vi facessi cosi felice, come dite che sará quell’eunuco?

Cherea. — A che proposito, questo, Parmenone? Rispondimi.

Parmenone. —Vestitevi de’panni dell’eunuco.

Cherea. — Ch’io mi vesta de’ panni dell’eunuco? E che sará poi?

Parmenone. — Io vi condurrò a Taide in vece di lui.

Cherea. — T’intendo.

Parmenone. — E le darò a credere che siate l’eunuco, e goderete quelle dolcezze, che pur ora diceste che avrebbe goduto egli: mangiate, state con esso lei, toccatela, scherzateci e dormitele a lato, poiché niuno vi conosce, né sa chi voi vi siate; oltre di questo, essendo voi giovanetto senza pelo in barba, facilmente potete esser tenuto un eunuco.

Cherea. — Oh, buono, oh, buono! Non udii mai a’miei giorni il miglior consiglio, né partito piú a proposito ! Non perdiamo piú tempo, Parmenone, presto, leviamoci di qui, andiamo in casa, vestimi da eunuco e menami a Taide.

Parmenone. — Che dite voi da dovero ? Eh, che io mi burlava !

Cherea.— Tu mi dai dunque parole? Passa lá!

Parmenone. — Oh, disgraziato me! Che cosa mi son io lasciato uscir di bocca? Dove mi spingete voi? Eh, che mi farete cadere! Lasciatemi star, vi dico!

Cherea. — Andiamo.

Parmenone. — Ancor non vi volete fermare?

Cherea. — Cammina, dico, che son risoluto por in esecuzione quanto hai detto, se ne andasse la vita.

Parmenone. — Avvertite, signor padrone, che noi non ci mettiamo a troppo gran pericolo.

Cherea. — Non vi sará pericolo alcuno: stanne sopra di me.