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TRADUZIONI

Parmenone. — Ella è stata menata a donar a Taide.

Cherea. — Chi è tanto ricco, che fa cosi nobili doni?

Parmenone. — Il capitan Trasone, rivai di Fedria.

Cherea. — La deve far molto male mio fratello nell’amor di costei, avendo un tanto concorrente.

Parmenone. — Allora ridereste, quando vi dicessi qual dono contraponga il Fedria a questa giovane.

Cherea. — Dimmi, di grazia, che cosa è ella?

Parmenone. — Un eunuco.

Cherea. — Domin, che non sia quello sfacciataccio isporco, vecchio, effemminato, che comprò ieri?

Parmenone. — Voi l’avete indovinato.

Cherea. — Che si, che mio fratello sará isbalzato in una schiavina con questo suo stantivo presente. Ma io non ho mai saputo prima che ora, che Taide stia qui nel nostro vicinato.

Parmenone. — Non è molto che vi è venuta ad abitare.

Cherea. — Son ruinato, Parmenone, poiché intanto non ho amicizia alcuna con questa Taide, ché non mi ricordo averla mai veduta e, eh’ io sappia, credo che né ella abbia mai veduto me. Ma è ella cosi bella come si dice?

Parmenone. — Si, certo.

Cherea. — Ma non deve giá avere che fare con la bellezza di questa nostra giovane.

Parmenone. — Ella è un’altra cosa.

Cherea. — Fa di grazia, Parmenon mio, ch’io goda costei, ché te ne priego.

Parmenone. — Lo farò, senza tante parole, mi ci ingegnerò, vi ci aiuterò: volete voi altro da me?

Cherea. — Dove vai tu ora?

Parmenone. — A casa, per menar a Taide la mora e l’eunuco, come mi ha comandato vostro fratello.

Cherea. —Oh, beato, oh, felice eunuco, che è menato in quella casa!

Parmenone. — E perché questo?

Cherea. —Perché, eh? Egli vedrá sempre in casa la sua bellissima compagna, le parlerá, stará con esso lei in una