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TRADUZIONI

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Parmenone. — Avete ragione.

Cherea. — Costui, come prima mi vide, da lungi mi cominciò a correr dietro, cosi gobbo, con gli occhi scerpellini, le labbra penzolone, tutte sbiavate, e con una voce roca e tremante: — Olá, olá, Cherea ! — mi cominciò a dire — Tu non odi? Dico a te. — lo allora mi fermai ed egli:—Sa’ perché io ti chiamava ! — Ditelo — gli dissi ed egli seguitò: — Sono stato citato per domani avanti il giudice. — Io allora gli replicai: —Che volete ch’io vi ci facci? — Voglio— soggiunse egli — che tu dica a tuo padre che non si scordi venir a difendermi. — Mentre costui dice queste quattro parole, possa io morire se non passò un’ora intera; io, per isbrigarmi da lui, gli domando: — Si vuol altro da me?—, mi risponde di no, onde subito mi parto da lui e, quando volto l’occhio verso dove io avea veduta venir la giovane, veggio ch’ella avea voltato qua, verso questa nostra piazza.

Parmenone. — Certo che costui intende della giovane, che è stata donata a Taide.

Cherea. — E quando io arrivai qua non la vidi in verun lato.

Parmenone. — Avea questa giovane alcuno in sua compagnia ?

Cherea. — Un parasito e una fante.

Parmenone. — Ella è essa certo ! State saldo, ch’io l’ho giá trovata.

Cherea. — Si, ma non è quella ch’io desidero, tu hai il capo altrove.

Parmenone. — L’ho pur troppo al fatto vostro.

Cherea. — Conosci tu chi ella sia, ovvero l’hai tu forse veduta?

Parmenone. — La conosco, l’ho veduta e so ove ella è stata menata.

Cherea. — Che dici, Parmenon mio? Tu dunque la conosci?

Parmenone. — Come conosco voi.

Cherea. — E sai ove ella sia stata menata?