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SCRITTI MINORI

pace della religione e degli Stati suoi, è per avventura cosi pericolosa, cosi miserabile la sua condizione, come quella di qualsivoglia altro Stato che affligga oggidí o l’impietá delle eresie, o la crudeltá della guerra.

Io son cattolico, Dio grazia, e italiano, e non posso, avvertito in me medesimo per qualche esperienza dell’infelice disordine nel quale ci troviamo, non isfogare questa mia passione con gli amici e con i fratelli miei, dai quali desidero solamente, e non altro ricerco, che una attenta e risoluta pazienza di legger questo mio breve discorso, perché non dubito punto di non conseguirne poi quel frutto e quell’universal beneficio, che mi sono veramente e sinceramente proposto.

Dallo stato presente della Francia si può commodamente, senza cercar altrove, cavar queU’avvertimento, che desidero che serva alla nostra Italia. È quel regno diviso in parti, come ognun sa, con una guerra civile, la piú orribile che si sia per avventura sentito ancora, e fomentatore dell’una delle parti, sotto apparente titolo di religione, si è finalmente scoperto il re di Spagna: in modo che, si come molti anni sono, con danari e con officii secreti, ha procurata e mantenuta la discordia, favorendo i prencipi e le cittá ribelli di quel regno, cosi adesso, con gli eserciti formati e con ogni apparecchio militare, non solo tenta scopertamente di cacciare il re legittimo e di privarne tutta la casa sua, ma, sotto titoli mendicati e con suscitar ragioni e pretensioni lontanissime, per sé e per i parenti suoi d’usurparne gran parte: e finalmente, ingannando i raccomandatisi a lui e disperdendo i nemici, assorbirsi quel regno e constituirsi solo re e solo arbitro del mondo. Se questo gran re adunque, dove non possiede altro che una inveterata ed ereditaria ansa di nemicizia, ha potuto finalmente condurre l’armi e i consigli suoi desiderati da quei medesimi popoli e ardisce di pretender, contra le leggi, le consuetudini e la veritá di quel nobilissimo regno, di voler dargli il re a gusto suo e di sottoporre infine all’arbitrio e aU’imperio suo un re e un regno, che tanto giustamente e