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RAGGUAGLIO VI

Gli Spagnuoli tentano l’acquisto di Sabioneta, né gli riesce.

Poiché, per cavare dalla tavola di Milano il chiodo francese che vi s’era fitto, i malaccorti prencipi italiani si servirono di quella zeppa spagnuola, che talmente entrò nella medesima tavola, che con qualsivoglia sorte di tenaglie giammai non è piú stato possibile cavarla fuori, i potentati tutti d’Europa e piú particolarmente i prencipi italiani, che si avvidero che li Spagnuoli, dopo la servitú dei Milanesi, apertamente aspiravano all’assoluto dominio di tutta Italia, a fine di assicurar quel rimanente di libertá che avanza in lei convennero tra di loro, che ogni venticinque anni con esquisitissima diligenza da personaggi a ciò deputati fosse misurata la catena che gli Spagnuoli fabricano per la servitú italiana. E percioché pochi giorni sono si venne all’atto della misura, con infinito stupor loro trovarono li prencipi italiani che cosi odiosa catena era stata accresciuta di cinque pregiudizialissimi anelli; incontanente furono chiamati i fabbri politici, i quali con esquisita diligenza fecero l’assaggio del ferro della catena e trovarono che il primo anello aggiunto era stato fabricato a Piombino, l’altro al Finale, il terzo a Correggio, il quarto a Porto Longone e l’ultimo a Monaco. Sopramodo meravigliati rimasero i prencipi per quella novitá e molto di loro stessi si vergognarono, che per la supina balordaggine loro gli Spagnuoli nella pace molto piú avessero accresciuta la catena della servitú d’Italia, che nella guerra non averebbono fatto con quattro eserciti. Per le quali esorbitantissime novitadi i prencipi italiani in tanta escandescenza entrarono con li Spagnuoli, che liberamente dissero loro che, se non si contenevano dentro i termini dell’onestá e della modestia, quando per ridur alla sua debita misura quella miserabil catena le lime italiane non fossero state bastanti, si sarebbono