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RAGGUAGLIO LXXX

[Giovanni Boterò vien trasformato in ridicolo trastullo.J

Molti anni sono giá passati da che la potentissima Monarchia di Francia, non si sa se per i suoi lunghi e gravi disordini, cagionati dalla sua trascuratissima regola del vivere, o per mal contagioso attaccatole da alcuni suoi appestati vicini, cadde in cosi pericolosa e crudel infermitá, che, per gli accidenti mortalissimi che nel progresso di quel male si viddcro, i piú scienziati medici politici di questo Stato fecero giudizio che ella tanto maggiormente era mortale, quanto nell’accre* scimento del male, con levar dal mondo alcuni soggetti grandi, che come umori perniciosi si credeano che cagionassero quella infermitá, essendosi venuto all’atto di cavarle sangue, sfattamente le si accese la febbre, che per longo tempo diede in una spaventevol frenesia; onde i suoi nemici, giudicandola di giá espedita affatto, molto baldanzosamente fra essi si erano divisa l’ereditá del suo potentissimo regno, quando, appunto allora che erano stati preparati i ’cottoni per far gli abiti lugubri e le cere per celebrar d’esequie a cosi gran Monarchia, ella fece la crisi ed, evacuando tutto il male, il seguente giorno fu veduta uscir di letto, armarsi, montar a cavallo con forze maggiori di quelle che giá mai avesse avute, batter i nemici suoi, spaventar il mondo e divenir arbitra dell’universo: miracolo per certo immenso, come quello che chiaramente ha fatto cognoscer ad ognuno quale e quanta sia la robustezza della complessione di cosi gran Monarchia, la quale, per l’ottima organizzazione della sua persona, in un momento e nello stesso atto del morire, ha potuto liberarsi da cosi gran male e sotto un nuovo re divenir piú potente e piú gloriosa che mai, nella prima ora della sua salute riacquistando tutto quello che nella sua lunga infermitá avea perduto. Onde Giovanni Boterò, che non ebbe giudizio da considerar quanto nella