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RAGGUAGLIO LXXII

[Apollo sospende la cerimonia dell’ammissione in Parnaso del padre Francesco Benci e, pregato dalle serenissime muse, ordina ch’egli venga scacciato.]

Fino dal principio del corrente giunse ai confini di questo Stato il virtuoso padre Francesco Benci, gli scritti locubratissimi del quale con vive voci e vivi suffragi furono approvatissimi da tutto il sacro collegio dei letterati, onde da Sua Maestá gli fu subito assignato il luogo tra i piú famosi oratori latini dell’etá moderna e, conforme il solito, gli fu decretata l’audienza nel concistoro dei virtuosi; e percioché le visite, che furono fatte a cosi segnalato letterato, e la cavalcata, che si preparava per accompagnarlo alla reai sala dell’audienza, di numero e di qualitá di personaggi era straordinaria, ognuno venne in chiara cognizione, le scuole de’ padri Gesuiti esser un fecondissimo seminario di letterati moderni e quel famoso cavallo troiano dal quale del continuo si veggono uscir incliti eroi in tutte le arti liberali; e percioché, quando si admette in Parnaso un nuovo letterato, il maggior onore in quella solennitá si fa al maestro del purpurando, Marc’Antonio Moreto, per aversi nella sua scuola allevato cosi segnalato virtuoso, in mezzo il fòro, in un trono molto rilevato e sotto un ricco baldacchino fu posto nella seggia curule, con il latoclavo romano di broccato, dove dai maestri delle cerimonie a nome delle serenissime muse veniva incensato con la mirra sabea. E giá la pompa della solenne cavalcata era arrivata tant’oltre, che le accademie d’Italia con la famosa zucca degl’Intronati, dalla quale con stupor grande di ognuno perpetuamente si vedeano uscir uomini grandemente salati, eran giunte nel fòro Massimo, quando l’infelice Moreto, d’ordine espresso di Sua Maestá, fu fatto scender dal trono, il quale, pieno di confusione e di vergogna, privatamente se ne ritornò a casa, e nel