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sempre si mostrò atroce in questa causa, le ributtò, perché disse che per far perfetto giudizio, se il marchese di Pescara fosse divenuto di Spagnuolo Italiano, non facea bisogno aver in considerazione l’educazione di lui fatta in Italia, il domicilio che vi avea contratto, i beni che vi avea acquistati, la moglie italiana che vi avea sposata, ma che era necessario che si venisse all’atto di far esatta notomia dell’animo di quel signore, quale egli fosse, ché questo era quello che facea conoscere altrui, se uno nato in Spagna era divenuto Italiano o se uno Italiano si fosse fatto Spagnuolo; e che il marchese di Pescara sempre fosse stato perfettissimo Spagnuolo poco affezionato del nome italiano si poteva conoscere, tra molti altri infiniti addotti nel processo della causa, da questo solo chiarissimo segno, che in molti anni ch’egli visse marito di una moglie italiana, tale quale vedeano tutti, non però fu udito dir mai una sola parola italiana, avendo la medesima signora Vittoria deposto nel processo che egli ancor negli scherzi amorosi sotto le lenzuola usava parole spagnuole. Disse di piú il fiscale, che l’aver il marchese di Pescara cosi lungo tempo abitato in Italia, che parea che la si avesse fatta sua patria, il possedervi molti beni, l’aver pigliata cosi insigne moglie, erano particolari che piú tosto aggravavano il delitto della signora donna Vittoria, che avesse eletto per suo marito soggetto tanto intensamente spagnuolo, che né l’educazione, né il domicilio, né la moglie, né le facoltá immense ch’egli avea nel regno di Napoli, né tanti eccellentissimi parenti che egli avea in Italia erano stati bastanti farlo divenir, se non vero, almeno finto Italiano.

Udito che ebbe Alessandro cosi gagliardo motivo, bruttamente abbandonò la difesa della causa e scese dal pulpito, onde la Maestá di Apollo comandò ai giudici che votassero. In quella grandissima costernazione di tutti i letterati, i quali proruppero in un grandissimo pianto, solo la signora donna Vittoria con maraviglia di ognuno fu veduta far maggior cuore, onde con spirito virile e veramente romano chiese a Sua Maestá licenza di poter salire nel pulpito e difendersi la sua causa