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ivi presenti gridarono:—Grazia, grazia!—.Apollo, che si mostrò per questo atto sdegnatissimo, entrò in tanta escandescenza, che proruppe in queste parole: che volea che in quella causa si facesse ogni piú severa giustizia, a fine che le prencipesse italiane per l’avvenire imparassero a non mandar fino in Spagna per provvedersi di mariti salaci. Udito questo, cosi la serenissima Calliope come tutti gli altri virtuosi, per non irritar maggiormente lo sdegno di Sua Maestá contro quella bellissima rea, si ritirarono ai luoghi loro, e poiché dai pubblici cursori fu comandato il silenzio, il fiscal Bossio pubblicamente lesse l’editto di Sua Maestá, al quale pretendea che quella signora de directo avesse contravvenuto. Si dicea in esso che, a fine che la gloriosa nazion italiana perpetuamente si mantenesse immaculata nella grandezza della suprema sua nobiltá, la Maestá di Apollo, sotto pene gravissime a suo arbitrio, a qualsivoglia prencipessa italiana proibiva accasarsi con uomini di nazion straniera. Poi il fiscale produsse il processo fabricato contro quella signora, nel quale pienamente era provato il maritaggio seguito tra lei e il marchese di Pescara, la consumazione del matrimonio, il quale era durato molti anni, e fece instanza che quella nobilissima signora come rea convinta fosse condannata.

Dopo questo il monarca dei dottori consulenti, Alessandro da Imola, avvocato della signora donna Vittoria, sali nel pulpito e, con numero grande di testi in termine, di glosse e di dottrine dei primi uomini che abbino giammai scritto sopra le leggi, disse che il marchese di Pescara, ancorché nato di sangue spagnuolo, per esser nondimeno stato allevato in Italia, per avervi abitato tutta la sua vita, per aver in essa fatto acquisto di molti beni e per aver procuiato finalmente di pigliarvi moglie, come poi fece, si dovea dir che fosse dive nuto vero italiano e che però la signora Vittoria meritava favoritamente esser assoluta da quella iniqua imputazione; pei queste ragioni, le quali universalmente parvero molto concludenti, i letterati pigliarono animo, ma tornò in tutti la medesima mestizia quando udirono che il fiscale, il quale nel vero