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di Roma, tennero questa opinione furono li Spagnuoli, fu ordinato che ad essi fosse fatta la scampanata. Onde i Francesi, con una moltitudine grande di campanacci, di lironi scordati, di caldari e padelle, essendo andati al palazzo reale della Monarchia di Spagna, appunto quando volevano cominciare a sonare, essa si affacciò alla finestra e con voce alterata disse quello che volevano; e, avendo intesa la cagione perché volevan far la scampanata, andò a’ pretori, a’ quali fece sapere per mezzo del conte di Olivares e del duca di Sessa, che ella non ebbe mai questo fine intrinsecamente nelle cose di Francia, di difendere gl’interessi della religione, i quali, per essere ella tanto nemica de’ Francesi, avrebbe piuttosto esacerbati, ma che suo fine era por in travaglio il regno di Francia per apportare salute alle cose sue di Fiandra poste in estremo pericolo; e però ella s’era sforzata d’impedir la successione al presente re, affine che, occupando il duca di Ghisi il regno di Francia, s’accendesse tra’ Francesi un fuoco inestinguibile di guerre civili e s’indebolisse la forza di quel regno di Francia col darli un soggetto nuovo, la qual sta tutta posta nella certa successione del sangue reale; e che ella volea, non, come dicono gl’ignoranti, occupare il regno di Francia, poiché- sa non darsi dominio de’ Spagnuoli sopra gli animi de’ Francesi, impazienti d’ogni altro imperio eccetto di quello d’uno della lor nazione, ma che ella aveva per fine de’ pensieri suoi che il corpo grandissimo e potentissimo di Francia si dividesse in piú membri, ché a lei sarebbe bastato i soli porti dell’Oceano e del mare Mediterraneo, per poter assicurar la sua navigazione in Fiandra e nell’Italia: tutti consigli prudentissimi, che meritano lode, come quei che speditamente gli conduceva a quella monarchia universale, ch’era solo scopo delle sue azioni.

Parvero queste ragioni potentissime ai pretori, i quali dissero che gli Spagnuoli meritavano piú tosto lode, che la vergogna della scampanata, onde comandarono a quei senatori che desistessero e che dovessero farla al duca di Lorena, al quale quelli andòrno súbito; ma ancor egli corse ai pretori