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RAGGUAGLIO XXXV

[Cesare Campana presenta le sue storie ad Apollo, il quale, per far vergogna a si cattivo scrittore e ai prencipi che lo proteggono, mostra di concedere al Campana il pubblico trionfo; ed essendo questo seguito, termina con gran disdoro di quello storico degno del secolo presente.]

Cesare Campana, che alcuni giorni sono capitò in Parnaso, giovedí mattina presentò ad Apollo le sue storie universali del mondo e le particolari della guerra di Fiandra, le quali per la mala qualitá loro rendeano cosi brutto fetore, che ammorbavano tutto Parnaso, essendo prive di eleganza di stile, senza gravitá di sentenze, senza concetti politici e senza il sale della veritá. Grandemente rimase meravigliato Apollo che un uomo senza lettere, ignorante della cognizione delle cose del mondo, in questi tempi presenti, ne’ quali i prencipi inorpellano tutte le azioni loro, avesse ardito intraprendere la malagevole impresa di scriver istorie, negozio riservato solo al fiore degli ingegni accapati, ai letterati piú esquisiti. Facea maggiore lo stupore di Sua Maestá che autore tanto indegno e scritti tanto sozzi fossero favoriti dai maggiori prencipi di Europa, onde Apollo, di cose tanto esorbitanti essendosi molto sdegnato, fece ferma risoluzione di vendicarsi in un tempo medesimo e contro i prencipi, che tanto offendevano le buone lettere e la veritá istorica, e contro il Campana, dandogli un esemplar castigo. Per giungere dunque a questo fine, finse Sua Maestá di esser vinto dalle efficaci preghiere dei prencipi e dai meriti degli scritti del Campana; e pronunziò quelle istorie degnissime di esser consecrate all’eternitá; e appresso decretò al Campana il pubblico trionfo da farsi con le medesime solennitá con le quali il prencipe degli storici eloquenti, Tito Livio padoano, trionfantemente fu giá ammesso in Parnaso.

E percioché Apollo conobbe che i suoi letterati averebbono ricusato d’accompagnar nel trionfo un soggetto tanto imrne