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RAGGUAGLIO XXXIII

Dopo un importantissimo avviso portato in Parnaso da un poeta italiano, Apollo per pubblico bene d’Italia fa ammonire quella nazione a non usar abiti né costumi stranieri, come quei che sono di pessima conseguenza alla libertá di lei.

Sono giá passati sei giorni, che una mattina fu veduto un poeta italiano sopra un velocissimo cavallo correr verso il reai palazzo della Maestá di Apollo, tutto affannato, gridando all’armi ; il qual, domandato da Sua Maestá di donde veniva e quello che recava di nuovo, con molto cordoglio rispose ch’egli veniva dalla corte di Roma e che portava l’infelicissima nuova che, essendo gli Italiani divenuti tutti Spagnuoli, i re di Spagna si erano fatti assoluti padroni di tutta Italia. Infinita mestizia apportò cosi lugubre avviso a tutto Parnaso, il quale per questo fu creduto vero, che, essendo poco prima giunto un corriere alla Reina d’Italia, non cosi tosto furono aperte le lettere, che s’udi nel palazzo di lei un grandissimo pianto e, percioché poco appresso furono veduti tagliarsi numero grande di vestiti di lutto e il palazzo fu tutto apparato di bruno, l’infelice nuova della servitú d’Italia fu pubblicata per certa. Allora tutto Parnaso s’empi di strepito e di rumori, percioché i re di Francia, con la spada ignuda in mano della loro potente nobiltá, montarono a cavallo per liberar l’Italia dalla servitú spagnuola, la Germania tutta per la salute degli Italiani pigliò le pubbliche armi, i re d’Inghilterra posero in mare la loro potente armata di mare e fino il vastissimo Imperio ottomano si mostrò prontissimo in soccorrere l’Italia; onde gli Spagnuoli, i quali da principio rideano nel veder tanti tumulti suscitati da una nuova affatto vana, in infinito si afflissero quando videro che quel rimanente di libertá che avanza in Italia è osso duro da rodere, avendo tanti prencipi che son pronti per difenderla. Apollo, in tumulto