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tenuti in questo Stato, nel nobilissimo ingegno dello Sforza solo fu ammirato la straordinaria dolcezza de’ suoi costumi e Tesser egli grandemente versato in tutte le piú pregiate scienze. Freddamente dunque e con deboi applauso al nome dello Sforza e a’ suoi scritti fu decretata Timmortalitá; e dopo ch’egli nelle mani del gran cancelliere ebbe fatto il solito giuramento di fedeltá, dal mastro delle ceremonie pegasee fu avvisato che, essendo stato dato fine al suo negocio, poteva andarsene. Al mastro delle ceremonie rispose lo Sforza che egli non prima poteva e doveva partirsi, che, conforme a quello che aveva veduto essere stato praticato col Magagnati e con altri, la Camera reale di Sua Maestá si fosse obbligata di sempre viva nella memoria degli uomini mantener la fama del suo nome. Questa controversia essendo udita da Apollo, egli allo Sforza cosi disse: — Sappi, onorato letterato, che, per sicurezza della fama perpetua di que’ miei virtuosi che vengono ammessi in Parnaso, di buona voglia obbligo il mio reai tesoro: ma però questo non accade co’ dottori di legge, con gli scritti de’ quali per giustissime cagioni procedo diversamente; perché, conoscendo io che gl’infiniti volumi delle fatiche de’ moderni giureconsulti in cosi aperta confusione hanno poste quelle leggi che somma felicitá degli uomini è che grandemente sieno chiare, che oggi giorno per terminare i litigi, fatti giá eterni piú de’ decreti de’ prencipi, vien abbracciato e seguito il capriccio degli uomini privati, e che in tanta moltitudine di varie opinioni comuni, piú comuni e comunissime, i pareri degli scrittori piú tosto sono numerati che pesati, benissimo preveggo che tra brieve tempo i prencipi saranno forzati liberare il genere umano, da tanto disordine infinitamente afflitto, con estirpar dal mondo gli scritti di que’ giureconsulti, che con le innumerabili cavillazioni loro la stessa amministrazione della sacrosanta giustizia hanno convertita in una esecranda mercatanzia. Onde è che danno troppo grave farei al mio regio fisco, quando l’obbligassi a perpetuamente

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viva mantener al mondo la fama di quegl’infiniti volumi delle fatiche de’ dottori di leggi, che, come pubblici e dannosissimi nemici degli uomini, sicuramente preveggo che tra brieve tempo