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de’ pianeti, benissimo conosco sfacciatissima temeritá esser la mia, con la deboi fatica di questi miei scritti, ne’ quali altrui mi son forzato di mostrar la natura dell’amore, pretender da Vostra Maestá la preziosa mercede, il ricco patrimonio di quella fama eterna, che que’ godono che Ella fa degni della gloriosa patria di Parnaso. Ma l’alta benignitá Ch’Ella usa con gli amatori delle buone lettere cosi largamente supplisce a’ pochi meriti di ognuno, ch’io con esso lei ardisco di esercitar l’esorbitante usura di donarli poco per ricever molto.—Udita che ebbe Apollo l’istanza fatta da quel virtuoso: — Se altro, amico Mario — li rispose, — non hai portato teco che il picciol volume che mostri, da te composto, della natura dell’amore, a me sommamente duole dirti che invano hai sudato, poiché ti sei affaticato di mostrare al mondo la natura di quell’amore che cosi ad ognuno è noto, che uomo alcuno non si truova che mediocremente non sappia celarlo. Ben ti assicuro che uno de’ piú principali luoghi di questo mio senato averesti meritato da me, se le tue fatiche fruttuosamente avessi impiegate in scriver la natura dell’odio: il quale anco gli uomini piú ignoranti e le persone piú dozzinali con la finta benivoglienza cosi dottamente sanno palliare e col falso manto dell’amore ricuoprire, che il mondo tutto si ode esser pieno di rechiami e di querele di quelli sfortunati, che, per troppo essersi fidati, fino all’ultimo cielo mandano le strida di esser dagli amici stati assassinati. —

Per questa risoluta risposta di Sua Maestá, dalla curia tutto afflitto si parti Mario Equicola; dopo il quale innanzi Apollo comparve Sforza Oddo, famoso dottor di leggi perugino, il quale a piedi di Sua Maestá presentò prima i compitissimi suoi trattati della Compendiosa sostituzione , della Restituzione in integro e i volumi de’ suoi dottissimi Consegli, i quali con una brieve ma però molto succosa orazione fece istanza che fossero consecrati all’immortalitade. Con gratissime accoglienze di straordinario amore da Sua Maestá e dall’onorato collegio virtuoso fu veduto questo letterato, ma pochissimo onore fu fatto a quelle sue fatiche; non giá perché compitissimamente non fossero dotte, ma perché, gli scritti di legge in poco credito essendo