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dal Petrarca pubblicamente essendo state lette le Rime morali. i Pietosi affetti , le Pompe funebri e gli altri sacri poemi con le celebratissime prose di cosi florido ingegno, per la molta leggiadria loro talmente meritarono la pubblica lode, che fuor dell’ordinario suo costume, non potendo il virtuoso senato sofferire che in un merito tanto aperto corressero i voti segreti, con straordinario applauso viva voce vivisque suffragiis al nome e agli scritti tutti del reverendissimo padre don Angelo Grillo per tutti i secoli venturi fu conceduta l’immortalitá, con tutte quelle solennitá di proclamazioni, di giuramenti di fedeltá e di obblighi del tesoriere generale, che sono stati detti di sopra.

Ritirato che dopo queste cose si fu il Petrarca al solito suo luogo, nello stesso pulpito che si è detto sali l’eccellentissimo Cornelio Tacito; ma con grandissimo travaglio di anima di Sua Maestá, delle serenissime muse e del collegio tutto letterato, mercé che, dopo l’ingresso che cosi mirabil scrittore tanti secoli sono fece in Parnaso, ricordandosi i virtuosi ch’egli, in diversi tempi quarantasei volte avendo goduta la prerogativa di cavar la palla di oro, non mai era stato fortunato di poter nominare istorico alcuno latino al quale con veritá si fosse potuto dare il titolo di politico, grandissimo affanno sentivano che le moderne istorie, scritte con la semplice narrazione delle cose, mancassero di quel sai politico che, sopramodo saporita rendendo la lezione istorica, infinitamente dotto e saggio fa colui che in simii utilissimo studio si affatica. Ma l’accorto Tacito, sommo contento sentendo del travaglio nel quale vedeva ognuno, dopo brieve silenzio ad Apollo cosi disse: — Pur finalmente, serenissimo monarca delle stelle (sebbene, per afflizion mia grandissima, dopo lungo corso di anni) è giunto quel felicissimo giorno da me tanto aspettato, che i miei detrattori, che la ca gione della mancanza degli istorici politici della mia classe hanno imputata al mio dire, da essi stimato scabroso, brieve e però troppo oscuro, al difetto mio di mai sempre aver voluto alle cose raccontate aggiunger la cagione (maniera di scrivere che piú tosto come viziosa e temeraria dicevano esser stata schivata, che per la sua difficultá non imitata), averanno occasione