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CENTURIA SECONDA - RAGGUAGLIO VI 33

esempio della lor vita, che con qualsivoglia straordinario rigor di leggi: non essendo possibile proibir a’ popoli que’vizi, ne’ quali essi veggono il prencipe loro tutto immerso;

Nel governo degli Stati loro non usassero quella trascuraggine che tanto è propria de’ prencipi che posseggono regni immensi, non quella soverchia accuratezza che tanto inquieta i popoli, solita vedersi ne’ prencipi che con un ingegno grande dominano uno Stato picciolo: ma navigassero con la sicura tramontana « Ne quid nimis »;

Solo gli eccessi gravi de’ sudditi loro punissero col rigor tutto delle leggi : i piccioli o mostrassero di non vedere né sapere, o (come si conviene a prencipi, che uomini governano, non angeli) liberamente perdonassero; che ne’ mediocri poi usassero pene esattamente misurate al delitto, e che come la morte fuggissero di soverchiamente in un delitto presente incrudelire contro un misero per spaventar gli eccessi futuri; e che sopra tutte le cose studiassero che non mai in qualsivoglia reo si vedesse castigo alcuno, che nel mezzo della severitá delle leggi, o in minuir la pena o in cambiare il castigo o con la liberalitá di donar i beni confiscati, chiaramente non rilucesse la clemenza del prencipe;

Che le private ingiurie non meno che le pubbliche offese col pietoso braccio della giustizia mai sempre vendicassero, e che ne’ disgusti, che da alcun suddito loro ricevevano, non le famiglie ma solo odiassero il reo: col castigo del quale fornissero i loro rancori, e fuggissero il costume di conservar essi e di trasmetter agli eredi loro quegli odii eterni, quelle diffidenze immortali, che, facendo cader gli uomini nella disperazione, non solo a’ prencipi erano di sommo pericolo, ma grandemente odiose altrui rendevano le monarchie;

Che quanto prima procurassero tutti di liberare i popoli loro dal morbo, che tanto travaglia gli animi, affligge i corpi e consuma le facoltadi altrui, dell’eternitá de’ litigi; e che sopra ogn’altra cosa da disordine cosi brutto si guardassero di cavar utile di provento alcuno: tutto affine di fuggir l’odio pubblico, del quale si incaricarebbono allora che i popoli si avvedessero

T. Boccauni, Ragguagli di Parnaso -11.

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