Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. II, 1948 – BEIC 1771928.djvu/327

che non mai ha cessato di produr prencipi di eminentissima virtú e privati di sceltissime lettere, anco per l’avvenire, e in copia grande, ne procreará in eterno, mercé che per particolar benignitá deU’immortal Iddio le buone lettere, le quali per le inondazioni delle genti barbare alcuna volta si sono vedute fluttuare, non però possono perire. Meco dunque rallegratevi tutti, giubilate e fate festa, poiché cosi merita la grata e sempre felice nuova che pur ora ho avuta d’Italia, dove il mio virtuosissimo Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino e serenissimo prencipe de’ letterati moderni, essendosi avveduto che quella sacrosanta giustizia (la quale l’eterno Dio ha voluto che in terra abiti tra gli uomini, solo affine che sopra il mio e tuo differenza alcuna non nasca tra’l genere umano, che con quiete d’ognuno non venga subito sopita), per le infelici fatiche dell’infinita moltitudine di quei giureconsulti, che con i dannosi scritti loro le stesse santissime leggi hanno sepolte ne’ fossi delle cautele, ne’ baratri delle confusioni, cosi ora è divenuta dannosa, che alli tre orrendissimi flagelli, co’ quali il vivente Iddio suol battere il genere umano, si è aggiunto il quarto del piatire: castigo che, in estremo affliggendo l’animo, in infinito consumando le facoltadi di ogni piú ricco patrimonio, piú è crudele della guerra, della peste e della fame. Disordine, dilettissimi miei, al genere umano tanto piú dannoso, quanto, essendo conosciuto e pianto da tutti, come piaga nondimeno immedicabile essendo stata abbandonata da ognuno, finora non ha trovato medico, al quale sia dato il cuore di curarla. Ma quell’iddio, che per gl’imperscrutabili giudici suoi finora tra gli uomini ha lasciati scorrere questi disordini, pur alla fine, per quella innata sua benignitá che lungo tempo il male e gli errori non lascia regnar sopra la terra, suscitando tra le genti un nuovo Giustiniano, con risoluzione degna di eterna memoria, la sacrosanta giustizia ha tratta fuori dalle tenebre di quelle confusioni, nelle quali i malaccorti giureconsulti con gl’infiniti sudori degl’imbrogliati scritti loro l’hanno sepolta, con un suo santissimo editto avendo il serenissimo Francesco Maria della Rovere comandato che appresso