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RAGGUAGLIO XCVIII

Pietro Aretino di nuovo essendo stato fregiato, Apollo, per la mala qualitá di cosi mordace e vizioso poeta, comanda che di simil eccesso non si formi processo.

Questa notte passata il signor Pietro Aretino, tornando da visitar il suo dilettissimo Tiziano, è stato assalito da uno che un bruttissimo fregio gli ha dato nel volto, che si può dire che il vigesimo sia che abbia ricevuto quest’uomo, calamita dei pugnali e dei bastoni: co’ quali gl’ingegni cosi pronti di mano, com’egli è di lingua, di modo gli hanno segnata la faccia, il petto e le mani, che sembrano una ben lineata carta da navigare. Gran disgusto ebbe Apollo di cosi brutto eccesso; e al procurator fiscale di questo Stato comandò che ogni possibil diligenza usasse per venire in cognizione del delinquente. Esquisitamente fu esaminato l’Aretino, il quale depose che non solo non aveva conosciuto chi l’avesse offeso, ma che nemmeno sapeva immaginarselo. Si intende che, ad Apollo essendosi fatta la relazione dell’esamine dell’Aretino, Sua Maestá comandasse che si levasse mano da piú fabbricar il processo sopra quel delitto; poiché, non sapendo l’Aretino neppur immaginarsi chi cosi male l’aveva trattato, faceva bisogno ch’egli avesse uno di quei grandissimi difetti che da alcuno non meritano compassione, o di aver offesi tanti, che si confondeva nel numero de’ nemici, o di scordarsi di quelli a’ quali avea fatte ingiurie degne di risentimento.