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traghettato quel pestifero morbo del malfrancese, che crudelissimo flagello è dei libidinosi. E come vi dá il cuore di poter dire di aver arricchito il mondo di droghe, se il pepe, la cannella e i garofani il terzo piú vagliono ora di quello che facevano avanti che voi, con l’arsenico e con la noce vomica delle pelarelle e di quelle altre vergognosissime piaghe che non ardisco nominar in questo luogo, il cibo di que’ dolci fichi amarissimi avete renduto al mondo, che come deliziosissimi io tanto lodai ne’ versi miei? E par a voi che nostra felicitá si possa chiamare dal nuovo nel vecchio mondo aver portato quella quantitá grande di oro e di argento che dite, quando di cosi pestiferi metalli, seminari di tutti i nostri mali, nostra somma felicitá sarebbe che non si trovasse niente? Ma ben voi co’ vostri compagni di doppia gloria potete andarne altieri; poiché con la gran quantitá di oro che dite di aver portata a noi, in grandissima confusione avete posto il vecchio mondo: in ultima ruina il nuovo, con avervi introdotto il ferro. Ma all’Europa a che serve copia tanto grande di oro, se le cose necessarie alla vita umana ogni giorno piú si veggono salir di prezzo, e se la povertá de’ popoli ogni giorno piú si fa maggiore? E, per non tacer quello che a Sua Maestá, alle sue serenissime dive e a questo sempre venerando senato virtuoso piú deve rendervi odioso, non ambizione onorata, né, come voi falsamente avete detto, il desiderio di quella gloria, che ’l nome altrui eterno rende al mondo, vi ha stimolati a cosi pericolosa e grandemente dannosa impresa; ma, instigati dall’avarizia, battuti dallo sprone dell’ambizione, cacciati dalla sete di quell’oro del quale nella vostra patria si fa tanto conto, temerariamente passaste quelle colonne di Ercole, che la saggia antichitá pose per termine all’inesplebile curiositá degli uomini. E che questo che dico sia vero, co’ vostri latrocini non forzaste voi, messer Cristofano, i vostri re di Spagna a pagar tanti vostri benemeriti con farvi, incatenato, per ladro pubblico del tesoro reale, dalle vostre Indie condur in Spagna prigione? E voi, signore marchese Pizzarro, per rubbar la copia grande dell’oro che scopriste avere il re del Perú Atabalipa, non gli faceste un tiro da onorato