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cernente incrudelendo contro gl’ inimici suoi, col perpetuo corso delle sue felicitadi, con mostrar al mondo innumerabili virtudi di giustizia, di liberalitá, di accortezza e di somma pietá, ogni giorno piú ha sempre afflitti que’suoi nemici, che, solo per renderlo odioso a’ suoi popoli francesi, apertamente dicevano che, s’egli giungeva al dominio di quella potentissima monarchia, sicuramente le avrebbe apportata l’ultima ruina. E qual dolore ti credi tu, o Moreto, che sentissero i nimici di cosi gran re, quando nella compiuta vittoria di quel famoso regno videro la grandissima fortuna ch’egli, col scarpello della propria virtú, col martello del suo valore, seppe fabbricarsi? E con qual animo credi tu che lo rimirassero vincitore, trionfante, adorato nonché riverito da’ suoi popoli con l’antica divozion francese? e cosi glorioso, che, il primo giorno ch’egli sali al regno, assoluto arbitro divenne del mondo? Non giudichi tu che a questi tali ogni ora piú mille volte crepasse il cuore di veder quel re di Navarra, la depressione del quale con tante macchinazioni avevano cercata, allora divenuto gloriosissimo re di Francia, che piú sicuro in mano si tenevano il suo precipizio? consolidato poi nel regno con una feconditá di figliuoli tanto miracolosa, che anco a lor marcio dispetto sono forzati confessare che li sieno stati mandati dal cielo? Non credi tu, Moreto, che tante felicitadi, tanti doni dati da Iddio a questo nostro re, stimino i suoi malevoli loro miserie, loro vitupèri? Felicissimi possono esser chiamati tutti quei che nello sforzo di levargli il regno sono mancati, poiché in un attimo fornirono le miserie loro; perpetuamente martorizzati sono quei che per loro maggior confusione col perdono sono stati lasciati vivere, essendo sforzati veder la securitá delle presenti felicitadi del potentissimo regno di Francia.