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illustre e con molte ricchezze, riputato in questo mondo un plebeo ignorante e un mendico senza lettere: mercé che quel signore stimò sempre che la perfetta nobiltá e le vere facoltadi fossero poste nella sola virtú. Di giá il duca con la sua nobilissima cavalcata era pervenuto nella Via sacra, quando per un pubblico cursore a nome di Sua Maestá li fu fatto sapere che ritornasse indietro, perché impedimento tale si era scoperto in lui, che per vigore delle pragmatiche pegasee non poteva goder la virtuosa stanza di Parnaso. Per l’avviso di nuova tanto infelice il Rota, il Tansillo e molti altri prencipi poeti napolitani della prima classe corsero subito ad Apollo; e seppero che l’impedimento nasceva perché l’illustrissimo signor Ottavio Cardinal Acquaviva, allora ch’egli nella corte romana era prelato, vi aveva esercitato il carico di mastro di casa del sommo pontefice Gregorio decimoquarto. Perché fin dall’ora che in Parnaso si riseppe che le giá tanto magnifiche corti de’ prencipi, per le sottili invenzioni di piú pitocchi maestri di casa, si erano appestate del morbo della sordidezza, del contagio di una brutta avarizia, con un suo molto severo editto proibi che per lo tempo avvenire non solo quei che nelle corti attualmente avevano esercitato l’odioso carico di mastro di casa giammai non potessero essere ammessi in Parnaso, ma che i loro ascendenti, i descendenti e collaterali, fino al quarantesimo grado inclusive, perpetuamente ne fossero esclusi. Grave travaglio nell’animo del duca cagionò quell’infelice intoppo; ma, perché quell’editto molto tempo prima gli era noto, anco preveduta aveva la difficultá che gli sarebbe fatta in Parnaso: di modo che, per superare ogni intoppo, una lettera si cavò di seno di sua mano scritta a suo figliuolo, nella quale espressamente gli proibiva d’accettar quel carico. Ma in questa corte cosi odiosa è la materia de’ mastri di casa, che la lettera della giustificazione del duca nemmeno fu letta, non che avuta in alcuna considerazione. E giá il negocio affatto era disperato, e la cavalcata cominciava a ritornare indietro, quando Cesare Caporali, poeta che, per aver dalla casa Acquaviva ricevuti benefici segnalati, molto le si trovava obbligato, corse ad Apollo: al quale fece ampia fede