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RAGGUAGLIO LXXX

Alcuni principali politici di Parnaso pregano la Monarchia ottomana a dir loro la vera cagione perché ella corta guerra faccia agl’inimici suoi, e da lei ricevono risposta di compitissima soddisfazione.

Il menante (il quale, per dar compito gusto a que’ suoi amorevoli avventori a’quali egli ogni settimana invia la sua gazzetta, ogni possibil diligenza usa per venire in cognizione anco di quelle cose che in Parnaso piú si operano secretamente), l’altra mattina avendo odorato che alcuni virtuosi politici di questa corte fecero istanza di aver udienza dalla Monarchia ottomana, . di modo sempre stette nell’avviso, che allora ch’eglino andarono a quella potentissima reina, egli si accompagnò con esso loro. E udi che Scipione da Castro, tra i moderni politici chiamato l’« antesignano», le chiedette che si degnasse di fare a lui e a que’ virtuosi politici, che erano seco, grazia di propalarli la vera cagione perché ad alcuni prencipi suoi nemici ella, anco nella stessa vittoria e nella fermissima speranza di maggiori acquisti, usava di far corta guerra, e ad alcuni di proseguirla fino all’ultima loro desolazione. Io allora udii che con maniere non punto barbare a questi cosi rispose la Monarchia ottomana: — Sappiate, virtuosi politici, che alle nazioni, ancorché grandi ma però divise in molti principati, tra le quali ho trovato regnar discordie e fazioni, sempre ho costumato di non prima posar le armi, che affatto io non le abbia debellate: come contro l’imperio greco ho praticato, la division del quale in molti despoti e le intestine discordie che tra essi regnavano, confesso che mi hanno aperta la porta e spianata la strada all’acquisto di quel giá famoso imperio. Somigliantemente, quando armata mi muovo contro un prencipe solo che abbandonato sia dagli amici, non mai gli do la pace fintanto che sopra di lui io non abbia ottenuta la compiuta vittoria, come nell’espedizione, che feci contro il soldano del Cairo, chiaramente feci conoscere ad ognuno.