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dell’acquisto del regno di Napoli, quando egli non si fosse assicurato della persona di quel prencipe. In tanto da Apollo buona non fu tenuta la scusa addotta da Consalvo, che, molto piú essendoglisi reso odioso, liberamente gli disse che in ogni modo tra due giorni avesse sfrattato da Parnaso, dove non voleva che avessero ricetto quei che nelle azioni loro avevano mostrato di piú stimare il vii servigio degli uomini che la preziosa buona grazia di Dio. Allora i maestri delle cerimonie di Sua Maestá dalla stanza cacciarono Consalvo; il quale, mentre sconsolatissimo scendeva le scale del reai palazzo, al fiscal Bossio disse che apertissimo era il torto che gli veniva fatto, perché Cesare, che per fare acquisto dell’imperio romano non solo violò le leggi umane e le divine, ma che fu primo autore della sceleratissima sentenza, che per cagion di regnare tutte le cose altrui erano lecite, gloriosissimo si vedeva aver i primi luoghi in Parnaso, di dove egli con tanta ingiustizia era cacciato. Si è risaputo che a Consalvo liberamente rispose il Bossio che l’esempio di Cesare non quadrava; poiché altra cosa era far cose brutte per acquistar a se stesso un regno, altra commetterle per darlo al suo signore; che però dalle leggi di Dio e degli uomini maggior castigo meritava il ruffiano, che per la sola malignitá di un animo grandemente depravato si dilettava del mal operare, che colui il quale per fragilitá del fomite carnale commetteva le fornicazioni.