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RAGGUAGLIO XLI
Di ordine di Apollo i censori di Parnaso avendo pubblicato un rigoroso editto contro gl’ipocriti, per un grave particolare, scoperto loro da Platone, sono forzati moderarlo.
I pubblici censori di questo Stato essendo venuti in chiara cognizione che certa bontá, che modernamente si scuopre in alcuni letterati di Parnaso, è tutta mistura di artificiosa apparenza e di soda falsitá, e che l’infernal ipocrisia ogni giorno piú negli animi di ciascheduno manifestamente va serpendo, affine che morbo tanto contagioso non appesti tutto Parnaso, di ordine espressodi Sua Maestá sei giorni sono contro gl’ipocriti pubblicarono un severissimo editto. Ed è stata cosa degna di stupor infinito il veder che lo stesso Platone, dai virtuosi tutti di Parnaso stimato l’idea della schiettezza e il vero esemplare di un uomo dabbene, si presentò subito avanti il tribunale de’ censori, e apertamente opponendosi a editto riputato tanto buono, con la solita sua libertá disse che, per l’aperta ignoranza che gli uomini moderni mostravano nel far certo giudicio della vera qualitá de’ costumi altrui, perniziosissima risoluzione era da Parnaso esterminar tutta quella ipocrisia, con la quale in questi tempi infelici anco gli uomini buoni erano forzati sostentare la riputazion loro; perché le persone schiette, gl’ingegni aperti, gli animi liberi, inimicissimi degli artifici e delle doppiezze, i quali ne’ tempi passati come semidei dalle genti furono ammirati e onorati, dagli uomini del presente secolo intanto non piú erano stimati, che la nobilissima virtú del ragionar con la veritá in bocca, la singoiar dote del proceder libero, non cose sante, non virtú amabilissima, ma erano stimate scurrilitá, vita rilassata, proceder licenzioso, costumi scorretti: per le quali cose anco quegli uomini di perfettissimi costumi, e que’ medesimi che camminavano prima la tanto lodata via del «Bene vivere et laetari » e i quali capitalissimi nemici si mostravano dell’ipocrisia, per mantenersi
