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strada e per ogni verso sempre sudavano in accumulare oro, dal solo infelicissimo esempio di lei potevano chiarirsi che i tesori accumulati con le male arti dalla giustissima ira di Dio erano alla fine mandati in fumo: perché di cosi gran numero di danari che dalle vene de’ suoi amanti ella aveva succhiati, e delle infinite ricchezze delle quali ella aveva spogliate infinite famiglie, altri avanzi non aveva fatti che quei quattro stracci che ognuno le vedeva indosso; e che se il danaro, che le era capitato alle mani, cosi avesse avuta la benedizione di Dio come egli aveva avuto mille maledizioni, che di ricchezze ella averebbe uguagliate le prencipesse piú facoltose. Che poi dal suo volto, che a’ suoi amici tanto era grato, dalle lusinghe e dalle fallacie, con le quali ella soleva adescare i malaccorti giovani che le capitavano per le mani, dal perpetuo riso ch’ella aveva in bocca, col quale ricopriva l’animo suo rapace e quel tagliente rasoio, col quale ella radeva senza discrezione e scorticava senza pietá, qualsivoglia poteva imparare a non mai fidarsi delle apparenze, delle belle accoglienze, delle grate parole e delle cortesi proferte altrui, e giammai non darsi in preda ad alcuno, se di lui non aveva prima fatta esatta anotomia: mercé che a molte sue pari riluceva la faccia, pareva bello l’aspetto e odorifero il fiato, che, quando poi dalle sagaci persone erano loro alzate le vesti e scoperto l’intimo dell’animo, si trovavano esser fetenti carogne, piene di piaghe puzzolenti, di fistole verminose, di animi falsi, di cuori in estremo fraudolenti, in infinito interessati. Si rivoltò poi Taide verso il magno Cardinal Farnese, e cosi gli disse: — E chi piú di voi, illustrissimo mio signore, quando in Parnaso averò aperta la mia casa, doverá frequentar la mia scuola ? nella quale imparerete quella importantissima virtú della neutralitá, della quale i nipoti de’ papi, vostri pari, hanno tanta necessitá: scienza tanto posseduta da me, che meritamente potrò leggerla nelle catedre. Percioché mentre io vissi al mondo’giammai non essendo stata senza una ventina di Panfili innamorati di me e, per la gelosia che regnar suole tra i giovani rivali, incagniti tutti tra essi, con la sagacitá nondimeno del mio ingegno, con destrezza tale ho sempre saputo proceder con essi,