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RAGGUAGLIO XXXIII

I prencipi ereditari, residenti in Parnaso, appresso Apollo fanno gagliarda instanza che Tiberio imperadore sia levato dalla lor classe e posto in quella de’ tiranni ; ed egli avanti Sua Maestá vittoriosamente difende la causa sua.

Mille cinquecento e piú anni sono giá passati dacché il successore di Augusto, Tiberio imperadore, essendo stato ammesso in Parnaso, onoratissimo luogo ebbe tra gli altri prencipi legittimi ed ereditari; dove con tanta gloria e splendore del suo nome è sempre vivuto, che appresso i maggiori potentati di Parnaso perpetuamente è stato in concetto di essere il prencipe della prudenza, il vero ritratto della vigilanza, l’oracolo nonché il consigliere di tutti que’ prencipi, che per le mani hanno l’importantissimo negozio di stabilir col violente governo di una straordinaria severitá non solo una nuova tirannide, ma la signoria di ogni Stato nuovamente conquistato. Percioché, quantunque ad ognuno si dee concedere Cesare il dittatore essere stato quello che i primi fondamenti gettò del vasto edificio dell’imperio romano, e che Augusto fino al cornicione della sua maggior altezza alzasse poi le mura, non però si dee negare che Tiberio, allora che, felicemente avendolo trasmesso al suo pronepote Caligola, lo fece ereditario nel sangue de’ Giuli e de’ Claudi, con l’infinita sua sagacitá non lo stabilisse e li desse compitissima perfezione: azione per certo grande e solo degna di quel Tiberio, che, con tanta eccellenza sapendo ricuoprire le private passioni, molto eccellente dottore si fece conoscere nell’arte finissima di saper scoprire i piú occulti pensieri altrui; co’ quali artifici si può dir che col tetto ricuoprisse la bellissima fabbrica della monarchia romana. Contro cosi grande imperadore dunque alcuni giorni sono si scuopri una potente congiura, molto tempo prima da’ maggiori prencipi di questa corte orditali contra ; i quali appresso Sua Maestá l’accusarono di tiranno, come quello