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RAGGUAGLI DI PARNASO

giudiciosi e amorevoli letterati i difetti de’ virtuosi scrittori si occultavano, dai maligni si pubblicavano: e che la professione di cavar dai poemi altrui le sole immondizie solo era mestiere da vili e fetenti scarabei, che nelle piú puzzolenti sporcizie degli escrementi altrui con sommo gusto menavano la vita loro: cosa molto lontana dall’esercizio di quegli onorati letterati, che fruttuosamente pascono gli animi loro di cose virtuose: e che i suoi benamati poeti stimando il tempo la piú pregiata gioia che produca l’oriente, non sapea vedere com’egli fosse cosi pazzo, che potesse indursi a credere che nella lezione di quelle sue malignitadi avessero voluto gettar quelle ore che utilmente potevano spendere nello studiar le vigilie di Pindaro, di Sofocle, di Ovidio e del suo dilettissimo Orazio venosino. Non cosi tosto pieno di un’ infinita confusione si era quell’ infelice censore partito da Apollo, quando in gran fretta vi comparve il letterato contro del quale era stato composta la censura: della quale mostrandosi alteratissimo, instantemente chiese che ne gli fosse data copia, affine che al suo malevole con un’apologiá avesse potuto rispondere. Sorrise allora Apollo, e a costui disse che alle genti altrettanto poco saggio si mostrava chi con l’apologie metteva in riputazione le altrui chiacchiere, quanto molto maligno chi pubblicava le censure : che la sovrana reina delle piú crasse ignoranze era prestar gli orecchi alla dicacitá di quei maligni susurroni, che non avendo talento di pubblicare al mondo i parti degl’ ingegni loro, scioccamente si davano a credere di potere con biasimar gli altrui acquistar riputazione ail mondo : e che quel viandante che in mezzo dell’ infocato luglio nel suo cammino veniva annoiato dallo strepito delle cicale, affatto era pazzo se per ucciderle tutte scendeva da cavallo, molto saggio se, con un buon paio di orecchi fingendo il sordo, attendeva a far il suo cammino, e le lasciava cantare e crepare.

IL FINE DELLA PRIMA CENTURIA