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nazione poter trovarsi al mondo, che meglio sapesse l’arte di accommodarsi alla modestia dell’ubbidire e alla grandezza del comandare, della nobiltá veneziana: cosa in tanto vera, che dove le altre republiche, per riputazione de’ pubblici magistrati, erano state forzate ricordare a’ loro senatori che con la magnificenza dell’animo grande procacciassero di sostener la maestá del grado publico, il senato veneziano piú volte era stato necessitato pubblicar severe leggi per proibir, a quei che fuori della cittá esercitavano le prefetture e gli altri carichi pubblici, la soverchia virtú della splendidezza e della magnificenza.

Cosi disse il Cavalcanti, quando Flavio Biondo soggiunse

che quando egli fu in Vinegia, in infinito rimase confuso allora

che vide che in una pura aristocrazia la cittadinanza e la plebe

veneziana con tanta sodisfazione vivessero in quella felicissima «

patria, che in molti mesi ch’egli vi fece dimora non mai seppe chiarirsi se la pubblica Libertá veneziana piú fosse amata e tenuta cara dalla nobiltá che comandava, che dalla cittadinanza e dalla plebe che ubbidivano.

Appresso segui Paolo Giovio, e disse che non solo a lui, ma a molti prencipi grandi, co’ quali a lungo piú volte egli avea discorso delle meraviglie che si scorgono nel governo della republica veneziana, parea cosa degna di sommo stupore che il senato di quella eccelsa republica non in altro piú studiasse che alla pace, e non ad altro con vigilanza e assiduitá maggiore piú attendesse che a perpetuamente far preparamenti da guerra, e che la pace armata con tutte le sue esquisitezze solo si vedeva nella floridissima republica veneziana.

Al Giovio segui Giovanni Boccaccio, e disse che il vero sale che dalla putrefazione delle corruttele d’ogni abuso e di tutti i disordini preservava la Libertá veneziana, era quella principalissima reina di tutte le leggi, quell’ottimo instituto, tanto inviolabilmente osservato da lei, che per esaltar un senatore a’ gradi piú supremi non la grandezza del parentado, non la splendidezza delle molte ricchezze, non i meriti de’ padri e degli altri antenati, ma il nudo valore, la virtú stessa di colui che chiedeva il magistrato, erano avuti in considerazione; onde accadeva